Inzaghi e Calhanoglu solo una giornata, Tuttosport: “La giustizia sportiva dipende dal colore della maglia”
Il direttore Vaciago: “la Juve e i suoi dirigenti furono associati senza particolari distinguo alla Ndrangheta; con l'Inter c'è stato il minimo rumore possibile”.

Inter Milan's Italian coach Simone Inzaghi reacts before the Italian Serie A football match between Inter Milan and Roma at the San Siro stadium in Milan on April 27, 2025. (Photo by Piero CRUCIATTI / AFP)
Dopo il patteggiamento di Inzaghi e Calhanoglu per l’inchiesta ultras con una sola giornata di squalifica, Tuttosport si chiede come mai ci sia tanta discrepanza nella giustizia sportiva, rispetto ai casi in cui è stata coinvolta la Juventus.
“La giustizia sportiva guarda il colore della maglia”: la squalifica di Inzaghi e Calhanoglu paragonata alla Juventus
Il direttore del quotidiano Guido Vaciago scrive:
Se la giustizia non è uguale per tutti non è giustizia. E’ qualcos’altro e fa quasi paura scoprire cos’è. Ma senza giustizia non può esserci pace; e infatti, nel calcio italiano non c’è pace da vent’anni perché la disparità di trattamento, da Calciopoli in poi, continua a scavare un solco di rabbia e frustrazione che divide chi vede applicazioni diverse delle stesse regole. Il patteggiamento di Simone Inzaghi e Hakan Calhanoglu aggiunge un altro spinoso capitolo delle incongruenze che la giustizia sportiva ha scritto dal 2006 a oggi. Chiariamo: il patteggiamento che riduce da due a una giornata la pena ci sembra giusto. Ma come si può spiegare ai tifosi della Juventus che hanno visto il loro club e il loro presidente trattati in maniera completamente differente nel 2017? Può bastare il dettaglio giuridico che il patteggiamento, allora, non esisteva? No, perché Agnelli prese 12 mesi (poi ridotti a 3) e la società beccò 700mila euro di multa. No, perché il caso venne trattato dalla Procura Federale con un approccio meno garantista; il club e i suoi dirigenti furono sbattuti in prima pagina, associati senza particolari distinguo alla Ndrangheta con la quale era stata lasciata intendere una sorta di convivenza.
A distanza di otto anni la Procura Federale è intervenuta in modo felpato, agendo con discrezione fino all’ultimo atto, la cui diffusione il primo maggio ha un tempismo singolare e garantisce, senza quotidiani il giorno dopo, il minimo rumore possibile. Insomma, da una parte uno sputtanamento pesante e infamante, dall’altra una garbata sordina. Ancora una volta, a milioni di juventini non tornano i conti e torna la sgradevole sensazione di una giustizia sghemba, che guarda il colore della maglia prima di modulare le sue decisioni. Come fa, oggi, il sistema della giustizia sportiva a ritenersi credibile di fronte a tali discrepanze? E come fa il sistema calcio ad accettarlo?