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“Insultate dalle donne”, “molestate” e “respinte dai negozi”, com’è la vita delle wags in Arabia Saudita (Daily Mail)

Le testimonianze: «non puoi uscire in pantaloncini, a volte le donne ti insultano e può essere molto spaventoso. Alla fine tendi a non uscire»

“Insultate dalle donne”, “molestate” e “respinte dai negozi”, com’è la vita delle wags in Arabia Saudita (Daily Mail)

Ormai da qualche tempo, l’Arabia è diventata una delle destinazioni più ambite per i top player del calcio internazionale. Non di certo per il livello tecnico e agonistico della Saudi League (che è indietro anni luce rispetto ai campionati europei), bensì per gli ingaggi astronomici che i club sauditi possono garantire. Ma a fino a che punto il denaro non perde il suo valore? È la domanda che si pongono i colleghi del Daily Mail, i quali offrono un lungo approfondimento su come realmente le famiglie dei calciatori – in particolare le mogli, dette “wags” – vivono la vita in un Paese molto arretrato in tema di diritti civili e riconoscimento della figura femminile.

Arabia Saudita e discriminazione alle donne: il focus del Daily Mail

“Si è pensato poco alle sfide che devono affrontare le compagne delle giocatrici in un Paese noto per la sua cultura profondamente conservatrice, il clima torrido e la pessima situazione dei diritti delle donne”, aggiungono i colleghi. Che poi ci tengono a sottolineare: “Non tutti sono stati fortunati come Ronaldo e la sua fidanzata Georgina Rodríguez, a cui è stata concessa una autorizzazione speciale per vivere insieme (secondo la legge saudita, alle coppie non sposate è normalmente vietata la convivenza). La coppia attualmente vive in una villa con 17 camere da letto ad Al Muhammadiyah, un’esclusiva zona residenziale di Riyadh, e ha espresso grande entusiasmo per la vita nella capitale saudita. Tuttavia, mentre Riyadh offre un’abbondanza di ristoranti di lusso e negozi, e occupa un posto centrale nel programma Vision 2030 del paese, presieduto dal principe Mohammed bin Salman e concepito per ampliare gli orizzonti economici del paese e creare una cultura meno restrittiva, la vita altrove può essere impegnativa. Le mogli e le fidanzate in altre zone del regno, dove gli atteggiamenti tradizionali spesso rimangono relativamente immutati, affermano di avere paura di uscire in pubblico per timore di violare le aspettative riguardo all’abbigliamento o al comportamento”.

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Il Daily Mail prosegue con una testimonianza emblematica di quale sia la situazione. “«È molto difficile per le donne espatriate in Arabia Saudita, soprattutto se la gente del posto pensa che non siano vestite in modo appropriato», ha affermato una donna espatriata, parlando in condizione di anonimato. «Una volta mi hanno urlato contro solo perché mi si vedevano le spalle e parte delle gambe. Non ci è permesso indossare pantaloncini corti in pubblico, nonostante il caldo. Non puoi indossarli nemmeno in spiaggia. E se lo fai, la gente ti guarda come se ti odiasse. Può essere molto intimidatorio»”.

“In base alla legge sulla decenza pubblica, introdotta nel 2019 nel tentativo di trovare un equilibrio, il tradizionale obbligo per le donne saudite di coprirsi il volto e indossare l’abaya (una tunica nera lunga fino a metà lunghezza) ha lasciato il posto a un’enfasi più liberale su abiti modesti e larghi che coprano gomiti e caviglie. Ma mentre gli abaya a fantasia e colorati sono diventati più comuni, la maggior parte delle donne saudite continua a osservare il vecchio codice di abbigliamento. Per le donne straniere non abituate alla cultura saudita, aderire alle aspettative può essere come navigare in un campo minato”, si legge.

E ancora un’altra testimonianza inedita. “«Mi hanno respinta dai centri commerciali solo perché non avevo le spalle e le braccia coperte e si poteva vedere parte del mio petto perché indossavo un gilet», ha detto la compagna di un altro giocatore. «Mi hanno detto di tornare vestita in modo appropriato. A volte le donne ti insultano e può essere molto spaventoso. Per quanto riguarda le donne, la cultura qui è molto diversa e sono molto severi. Se non sei coperta adeguatamente, potresti avere dei problemi quando esci»”.

Il Daily continua: “I problemi vanno dai fischi per strada da parte della gente del posto alle molestie più gravi subite da Cristina Palavra, moglie del centrocampista del Real Mallorca Dani Rodríguez. Palavra ha descritto momenti di “vero panico” dopo la sconfitta del club contro il Real Madrid nella finale di Supercoppa spagnola di gennaio, disputata a Gedda, come avviene dal 2019 in base a un redditizio accordo a lungo termine. «I ragazzi di questo Paese hanno iniziato a fotografarci da vicino e a molestarci», ha raccontato a Esports IB3 . «Ci siamo sentiti un po’ disorientati perché non avevamo nessuno a proteggerci. Siamo andati con i bambini e non c’era sicurezza». Natalia Kaluzova e Sara Noguera, rispettivamente compagne del portiere Dominik Greif e del centrocampista Manu Morlanes, hanno mosso accuse simili. «Sono entrati nel nostro gruppo e ci hanno ripreso con dei video, ci hanno spinto, ci hanno palpeggiato, ci hanno puntato i telefoni in faccia e ci hanno filmato», ha detto Kaluzova. «Ero con due amiche a cui hanno toccato il sedere», ha aggiunto Noguera. «Ridevano di noi, ci indicavano, ci spingevano»”.

“Tra gli estremi delle molestie sessuali e del conservatorismo sociale (l’accesso alle piscine di alcuni hotel è vietato alle donne, mentre le palestre sono separate), la tentazione più ovvia è semplicemente quella di restare in casa. «Non puoi semplicemente comportarti in modo naturale come fai in Occidente», ha detto la compagna di un altro giocatore, sempre parlando in anonimato. «Devi stare in guardia ogni volta che esci di casa, quindi tendi a non uscire». Un altro modo per aggirare la situazione, tuttavia, è semplicemente evitare del tutto di vivere in Arabia Saudita. Questa è stata la soluzione scelta dagli ex Liverpool Steven Gerrard e Jordan Henderson e dalle loro mogli, che hanno entrambi scelto di vivere oltre confine, in Bahrein, durante la loro permanenza ad Al-Ettifaq, nella città orientale di Dammam».

Insomma, sembrerebbe proprio che per molti l’Arabia sia più una prigione dorata più che un’esperienza di sport e di vita.

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