Il Napoli di Conte ricorda quello di Bigon che vinse lo scudetto tra critiche feroci

Napoli-Genoa 2-2 come Napoli-Genoa del 90 quando si vinse tra i fischi e la contestazione. Una stagione straordinaria, vissuta tra le polemiche

Napoli

Dc Napoli 11/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: esultanza gol Romelu Lukaku

Il Napoli di Conte ricorda quello di Bigon che vinse lo scudetto tra critiche feroci

Ci fu un altro Napoli-Genoa, quello del 4 marzo 1990. Zola con una sforbiciata segna il gol del 2-1 al 90° permettendo agli azzurri di Bigon orfani di Maradona in quella gara di restare in scia del Milan di Sacchi a 7 partite dalla fine. Ci fu una contestazione al San Paolo, fischi invece di esultanze e la stessa scena avvenne giorni prima durante la sconfitta in semifinale di Coppa Italia contro i rossoneri.

Quel Napoli vinse lo scudetto tra mille polemiche e critiche feroci per tutta la stagione. Ed è molto simile ciò che sta accadendo al Napoli di Conte. Il pareggio contro il Genoa ha risvegliato quella “napulitaneria” che si sposta come le bandiere al vento: euforia e depressione, gioia e insulto prima della parola fine di una partita o di un campionato. Servirebbero sociologi e antropologi per analizzare un fenomeno radicato in un ambiente che lo stesso Conte ha iniziato a comprendere molto bene: “qui a Napoli parlate con semplicità di vincere”, ha ripetuto in diverse conferenze stampa.

In fondo la “napulitaneria” ha attraversato diverse sindromi. La prima fu la “sindrome di Maradona” quando l’era del Pibe de oro finì, solo la serie B e il fallimento fecero comprendere che quel tempo era finito mentre con Crasson e Prunier si pensava ancora al tempo che fu.

Poi dopo la C e la B con relativo ritorno in Europa è iniziata la “sindrome Sarrista”. Se con Sarri abbiamo conosciuto il gioco spettacolo anticipato da Benitez, e poi portato a frutto da Spalletti, è anche vero che non abbiamo vinto nulla se non nel 2023 con uno scudetto raggiunto grazie a una stagione dove tutto andò bene e con interpreti oggi capitalizzati da 200 milioni di euro (Kim, Kvara e Osi).

Quest’anno con Conte si è ascoltato tutto e di più. Dalle critiche perché si vince 1-0 (a Monza e a Lecce quel risultato ha permesso il ritorno al primo posto) alla mancanza di un calcio spettacolo in una stagione dove a due giornate dalla fine l’equilibrio è tale che nulla è deciso: dallo scudetto al 4° posto fino alla retrocessione tanto da far giocare tutti in contemporanea come ai tempi di “Tutto il calcio minuto per minuto”.

Napoli e l’anno di Conte

E così lo psicodramma della “napulitaneria” di una parte di tifosi della prima e dell’ultima ora – non quelli che ogni domenica dalle curve sostengono questa squadra – dai tatuaggi con il “4” e le bandiere sui balconi, ora attacca Meret per i due gol presi ieri o invoca un “Conte out” per la sostituzione di Billing.

A 35 anni da quel Napoli-Genoa del ‘90 si ripete uno schema simile ma in un contesto diverso. Questo campionato bellissimo va vissuto, invece, con entusiasmo e gratitudine perché domenica il Napoli si gioca lo scudetto con un punto di vantaggio e con l’orecchio attaccato alla radiolina. Invece di fare processi si viva insieme questo grande momento che la squadra e Conte hanno permesso di raggiungere in una stagione che aveva un altro obiettivo.

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