Il tecnico è conscio d’essere ora davvero solo con i suoi uomini, quelli forgiati per una missione, quasi, impossibile

Se dovesse essere scudetto, ora più che mai sarebbe lo scudetto dello stoicismo di Conte
“La passione è un correre sbigottito dell’anima” e guai a frenarla. Zenone di Cizio, mi pare, è colui a cui ho sottratto tale pensiero. Ad uno stoico dunque e di stoicismo qui si tratta. Conte è stato lasciato con due grappoli d’uva a fare vendemmia. Se è vero che questa classifica è del tutto imprevista è altrettanto vero, che certe occasioni difficilmente ti ricapitano. Illogica ai cuori dei tifosi (tra cui me) la scelta di arenarsi nel mercato invernale. Billing, Hasa ed Okafor, l’ultimo sussulto. Mezzo gratis.
La società ha deciso di non rincorrere obiettivi dopati economicamente (Comuzzo su tutti) anche perché, visto il trend delle avversarie, in Champions ci sei quasi con due piedi. E questo importa, è chiaro che non ci sia voglia di altri obiettivi.
Lo scudetto è roba per passionali, di quelli che corrono con l’anima sbigottita, la classifica ci impone di crederci ma lo possiamo fare anche con Jesus e Mazzocchi, perché altrimenti lasciare partire Kvaratskhelia senza avere la certezza di sostituirlo?
Perché frenare anziché ringraziare Conte per la prospettiva che ha creato dal nulla?
È già appagante, questa stagione, da non riuscire a dargli un voucher per il tricolore?
Conte è uomo intelligente, allenatore capace, conscio d’essere ora davvero solo con i suoi uomini, quelli forgiati per una missione, quasi, impossibile.
Lo stoicismo, in fondo, è lodevole sforzo di resistenza per principio, non vuole aiuti e non li ha avuti.
Questo scudetto, se dovesse essere strappato all’Inter, sarà il più sontuoso manifesto della forza di un allenatore