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Girardelli: «Per lo sci ho rinunciato a tutto. Ero schiavo di me stesso, la solitudine è un destino»

A Repubblica: “La mia squadra siamo stati io e mio padre. Mi sono inventato le motivazioni. Salivamo in vetta di notte coi borsoni. Gli sciatori di oggi non sanno nemmeno tracciare una pista”

Girardelli: «Per lo sci ho rinunciato a tutto. Ero schiavo di me stesso, la solitudine è un destino»
Di Christophe95 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32010669

Marc Girardelli, il più grande sciatore polivalente di tutti i tempi: 5 Coppe del mondo generali, 4 ori mondiali. Dice di non sentirsi una leggenda, perché “sa di vecchio. Io scio ancora, faccio alpinismo, a inizio aprile ho in mente la scalata del Rosa dal versante svizzero”. Lo dice intervistato da Maurizio Crosetti, su Repubblica.

“Quando avevo appena dodici anni, mio padre Helmut decise che avrei gareggiato per il Lussemburgo, anche se sono austriaco. L’Austria non mi voleva in nazionale. Da allora, la mia squadra siamo stati io e mio padre. Mi sono inventato le motivazioni, ho solo potuto immaginare il mio vero livello. La solitudine un destino. Io ho una compagna da appena sei anni. Per lo sport ho dovuto rinunciare a quasi tutto”.

Con mio padre salivamo in cima alle montagne trascinando l’attrezzatura, i pali, il trapano per piantarli nel ghiaccio, tutto. Borsoni pesantissimi. Si partiva all’alba o nel cuore della notte, ero lo schiavo di me stesso. D’estate, papà mi portava a cercare la neve sui ghiacciai in elicottero, ho anche preso il brevetto. Penso che gli sciatori di oggi non sappiano neppure tracciare una pista da slalom. Non ho mai pensato che la mia vita potesse essere più facile o diversa. Semplicemente, non avevo scelta”.

Gli sci sono “una creatura vivente. Prima della stagione di gara, ne testavo almeno cinquanta paia per poter scegliere i cinque o sei giusti: conoscevo la struttura di ogni attrezzo, che nel corso dei mesi cambia, assottigliandosi. Ogni sci ha un carattere diverso, come le persone. Non esiste un libro che lo spieghi. Ci pensavo ieri, quando per poco non mi sono tagliato un’arteria della mano per preparare una soletta. Sono andato in ospedale, dove mi hanno cucito e cauterizzato. Non ho voluto l’anestesia: il cervello che deve dominare il dolore, non un farmaco”.

Quale è il segreto della polivalenza? Il bisogno, la necessità. Se devi fare tutto, alla fine impari a fare tutto. La mente si accende in modo diverso, e il corpo la segue”.

Alberto Tomba, avversario, mito. “Per questo sport, Tomba rappresenta quello che è stato Muhammad Ali per la boxe, Michael Jordan per il basket e Pelé per il calcio. Alberto era un campione enorme, ma anche un attore, una popstar, un playboy…”.

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