Al CorSera: «Il ricorso della Wada è un argomento serio, non ci scherziamo sopra. Il suo superpotere è non aver timore di migliorarsi»
Darren Cahill è il maestro di Jannik Sinner. Se l’italiano è diventato numero uno del mondo, parte del merito va anche a Cahill. Il Corriere della Sera lo ha intervistato in occasione delle Atp Finals di Torino dove Sinner è dato per favorito.
Cahill: «Sinner d’ispirazione anche per me, lui è il leader»
Come sta Jannik?
«Arriva a Torino da un anno bellissimo, pieno di lezioni da imparare. Jannik si è dimostrato maturo e resiliente: non avrebbe vinto tanto, sennò, con i picchi di qualità assoluta che ha avuto. Si è comportato in un modo che non dimostra affatto i suoi 23 anni».
Si parla anche del ricorso della Wada sul caso doping:
«Dopo quello che ha attraversato, ha capito che nella vita potrà sopravvivere a tutto: nulla può più fargli paura. Due Slam, la stagione chiusa da n.1: Jannik è d’ispirazione anche per me, che pure sono un coach navigato. Tutti parlano del team che lo circonda, quanto siamo importanti per lui. Ma è vero anche il contrario: il leader è lui, è lui che traccia la via. E se ne è capace, è perché sa di essere innocente: non ha fatto nulla di male. Certo la Wada ha fatto ricorso, dobbiamo attendere la sentenza del Tas. È un argomento serio, non ci scherziamo sopra. Jannik va avanti a testa alta, intanto».
Gli chiedono di Alcaraz.
«Non posso rispondere. Ho troppo rispetto per Carlos, il suo coach e il mio giocatore, che è l’ultimo che allenerò nella mia carriera. Non dirò mai che Sinner è meglio di Alcaraz, né viceversa. Se si ritrovassero in finale farò il tifo per Jannik e mi godrò lo show».
Due anni e mezzo con Sinner: ha capito qual è il suo più grande talento?
«L’abilità di processare informazioni e trasformarle in azioni. La capacità di imparare in fretta. Ci sono giocatori conservativi, che non amano cambiare il proprio tennis per la paura di fare passi indietro. Jannik è l’opposto: non teme di perdere un paio di match nel tentativo di implementare il suo gioco. In questo ambiente è raro, mi creda. Il suo superpotere è non aver timore di migliorarsi. Oggi sa giocare in 5-6 modi diversi, sa chiudere il punto col servizio, a rete, giocando sulla riga e dietro la riga, sa usare il drop shot, lo slice, il back. Non sa solo picchiare forte: lo sa fare con intelligenza».
Chi gli ha suggerito di andare in Arabia?
«Quando Jannik ha detto che non è andato a Riad per soldi, è stato frainteso. O forse non si è spiegato bene. La verità è che non aveva mai giocato un’esibizione: si è sempre concentrato sul miglioramento del suo tennis. Conosce le sue priorità. Poi è arrivata un’offerta da Six Kings Slam, con i migliori sei del mondo e molto denaro. Ci siamo consultati come team: perché no? E ha accettato».
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