ilNapolista

Mazzola: «I tifosi dell’Inter all’inizio dicevano “se si chiamasse Brambilla e non Mazzola non sarebbe qui”»

A Repubblica: «Riva se non gli davi la palla bene, alla fine dell’azione si avvicinava, ti puntava un dito in mezzo alla fronte e ti diceva “se la prossima volta non me la passi come si deve, ti spacco in due e ti mando in tribuna”. Poi si metteva a ridere»

Mazzola: «I tifosi dell’Inter all’inizio dicevano “se si chiamasse Brambilla e non Mazzola non sarebbe qui”»
1971 archivio Storico Image Sport / Inter / Roberto Boninsegna-Sandro Mazzola / foto Aic/Image Sport

Sandro Mazzola intervistato da Repubblica ha parlato di suo padre, Valentino Mazzola, campione del Torino morto a Sueprga

È stato un peso essere il figlio di una leggenda?

«Sì. I tifosi dell’Inter all’inizio dicevano “quello non sarà mai come suo padre, se si chiamasse Brambilla e non Mazzola non sarebbe qui”. Io ne soffrivo. Tornavo a casa e non mangiavo, andavo direttamente a letto. Quando poi sono diventato davvero un giocatore, ogni volta che tornavo a Torino mi sentivo come intronato: guardavo la basilica sulla collina e mi tremavano le gambe. Mi rivedevo bambino. Quando lo storico magazziniere Zoso mi portò nello spogliatoio del Filadelfia per mostrarmi l’armadietto di papà, mi misi a piangere. Per me, Valentino Mazzola era il cimitero, i fiori e le lacrime di mia mamma».

È vero che il mitico Puskas le parlò di lui dopo la finale di Coppa dei Campioni del 1964?

«Battemmo il Real Madrid a Vienna e io segnai due gol. Dopo la partita, aspettai Puskas davanti alla porta del loro stanzone: uscì, mi venne incontro e mi disse “bravo, io ho giocato con tuo padre e posso dire che forse sei degno di lui, forse”. Non capii più niente dalla gioia».

Invece, che ricordo ha di Pelé?

«Lo affrontai per la prima volta a San Siro, nel 1963. Stavo immobile ad ammirarlo, al punto che lui mi si avvicinò e disse “ragazzo, se non ti svegli ti faccio tre gol”».

Un altro di quei giganti, Gigi Riva, ci ha lasciato da poco. «Fantastico Gigione! Voleva sempre vincere e segnare. Scattava come un fulmine sulla fascia sinistra e pretendeva il passaggio perfetto: se non gli davi la palla bene, alla fine dell’azione si avvicinava, ti puntava un dito in mezzo alla fronte e ti diceva “se la prossima volta non me la passi come si deve, ti spacco in due e ti mando in tribuna”. Poi si metteva a ridere. Mamma mia…».

ilnapolista © riproduzione riservata