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Il torello degli egoismi di Politano e Simeone: altro che Juan Jesus, la crisi del Napoli è tutta lì

Due occasioni buttate. Opta non ha ancora inaugurato le statistiche della confusione, il Napoli sarebbe primo per distacco.

Il torello degli egoismi di Politano e Simeone: altro che Juan Jesus, la crisi del Napoli è tutta lì
Db Napoli 21/02/2024 - Champions League / Napoli-Barcellona / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giovanni Simeone

Poi lo sfondone di Juan Jesus ha inghiottito tutto come in un buco nero. Comprensibilmente quel vuoto pneumatico nel quale si infila Luvumbo, a partita finita, diventa il trauma che tormenterà i tifosi del Napoli per le ore (i giorni?) successive. Ma il Napoli vero, quello da consegnare alla storia di questa stagione nella sostanza delle cose, è fermo a due highlights prima.

Minuto 89, quasi 90: Politano entra in area sulla destra, al suo fianco, a sinistra, c’è Simeone da solo. Politano invece tira, di punta. Fuori. Simeone esplode in un urlo lancinante, straziante. Togliete l’audio, o portate via i bambini.

Minuto 93, quasi 94: stavolta è Simeone che si ritrova nella stessa identica posizione, e quello al centro è Lindstrom, solo soletto. Simeone – che un attimo prima latrava contro l’egoismo del compagno – tira sul portiere. Lasciando il danese ad inveire, a sua volta, con la porta vuota innanzi.

Avesse avuto un’altra mezzoretta, il Napoli avrebbe mandato a segnare altri 3 o 4 giocatori, con altrettanti compagni raminghi a questuare un assist che mai sarebbe arrivato. In una sorta di torello delle iastemme. Altro che giro palla. Opta non ha ancora inaugurato le statistiche della confusione, ma il Napoli sarebbe primo per distacco. Le “xIa” tipo: le expected iastemma. 

Il Napoli avrebbe dovuto battere il Cagliari, andando sul 2-0, al minuto 89 o al minuto 93. Il pareggio successivo è una deriva consequenziale, più o meno grave. Ma quella doppietta inquietante di individualismo patologico è la cartolina di questa stagione. Giocatori che presi dall’avvilimento non temono più alcun esito reputazionale: devo segnare io, devo tirarmi fuori IO da questo pantano. Non affonderò con gli altri. Per certi versi è persino comprensibile. Ma se scendiamo un secondo dalla giostra degli allenatori e dei moduli possiamo rintracciare in campo i segni evidenti dello sfaldamento.

L’urlo di Simeone è il suono della sconfitta. Soprattutto perché un attimo dopo – non un’ora, proprio tre minuti – si rende colpevole dello stesso reato di cui si sentiva vittima. Siamo quasi all’incapacità di intendere e di volere. Il Napoli potrebbe invocarla, magari a fine anno ci concedono le attenuanti generiche.

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