Contro il facile populismo. Zazzaroni: «De Siervo ha venduto la Fontana di Trevi agli arabi». Il Foglio: «basta col sovranismo alimentare e l’egemonia gramsciana»

Supercoppa, non siamo soli: Corsport e Foglio apprezzano e rilanciano l’antimoralismo del Napolista
Non siamo soli. Il nostro articolo sull’ondata di moralismo che ci ha investiti dopo Napoli-Fiorentina di Supercoppa e gli spalti vuoti, ha trovato consenso. Ripreso da Dagospia, oggi è stato ampiamente citato sia dal Corriere dello Sport nell’editoriale di Ivan Zazzaroni, sia dal Foglio nell’articolo in prima pagina di Maurizio Crippa “Mica male la coppetta – Moralismi e stupidate sul calcio giocato a Riad. Invece un modello da migliorare”.
Il direttore del Corriere dello Sport sposa in pieno la nostra tesi.
Due parole (non mie) sulla Supercoppa extralarge a Riyad: ho trovato centratissima l’analisi di Max Gallo de “Il Napolista”, sito sportivo tra i migliori del web. Criticando l’atteggiamento ipocrita di chi ha censurato la scelta della sede araba, Gallo scrive:… e cita ampi stralci dell’articolo.
Poi conclude così il suo editoriale:
I milioni sono 23 all’anno per 4 anni, scadenza prolungabile di altri due. Luigi De Siervo, l’ad, è incredibilmente riuscito a vendere la fontana di Trevi agli arabi che all’ultimo avevano addirittura sperato di far saltare l’accordo. La verità è che da almeno venticinque anni (sacrosanta battaglia in Lega dell’inascoltato Giuseppe Gazzoni Frascara, presidente del Bologna, nda) non siamo in grado di presentare un calcio appetibile all’estero. Per cui prendiamo quel tanto che ci danno. E ringraziamo.
Passando al Foglio, il quotidiano diretto da Cerasa scrive
Bisogna dunque sfidare le varie tipologie di gnagnera e dire che andare a giocare tornei di Lega nazionale in nazioni lontane (non lo si era fatto anche in Cina, in Qatar e persino nell’esotico New Jersey?) e provare così un possibile allargamento del business del calcio non è una cattiva idea. Soprattutto non è una cattiva idea, invece di stare a menarsela col sovranismo alimentare e l’egemonia gramsciana, provare a esercitare nel mondo un po’ di quel soft power, di quell’arte di mostrarsi e di convincere, che passa anche attraverso lo sport e fa bene all’economia. E il calcio, da questo punto di vista, è il re degli sport per attrattività.
Il Foglio definisce il Napolista insospettabile (non indaghiamo) e scrive:
L’alternativa a sperimentare modelli di spettacolo globali è il panesalamismo, la nostalgia ipocrita di quelli che, pur vivendo nel calcio e di calcio, puntano il dito contro i soldi. Lo lasceremo dire all’insospettabile Napolista: “Gli stipendiati del calcio ricordano i famigliari di Alberto Sordi. Maurizio Sarri si diverte sempre a giocare al comunista controcorrente facendo finta di non sapere quale sia il sistema che gli consente di guadagnare stipendi impensabili quando era impiegato di banca, lo stesso Walter Mazzarri che mostra di ignorare i motivi che hanno indotto la Lega Serie A ad allargare la Supercoppa a quattro squadre”.E “gli stessi tifosi che contestano la scelta di giocare in Arabia, poi alzano la voce se i loro club non si indebitano in sede di mercato”.
Non siamo soli, il primo passo per migliorare il nostro calcio è rigettare il facile populismo. Il calcio è un’azienda, un business, e come tale va trattato, altrimenti perdiamo tempo.