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I dati ormai sono un’ossessione, i grandi allenatori manipolano il flusso emotivo delle partite (Guardian)

“L’idea che la fiducia e l’applicazione siano preimpostate e immutabili è una delle grandi bugie della rivoluzione statistica del calcio”

I dati ormai sono un’ossessione, i grandi allenatori manipolano il flusso emotivo delle partite (Guardian)
Real Madrid's Italian coach Carlo Ancelotti (R) hugs Liverpool's German manager Jurgen Klopp (L) prior to the UEFA Champions League final football match between Liverpool and Real Madrid at the Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, on May 28, 2022. (Photo by FRANCK FIFE / AFP)

Con i dati sono bravi, più o meno, tutti. Ma gli allenatori davvero grandi “sentono” la partita, e sanno gestirne il “flusso emozionale”. Oggigiorno questa abilità sembra passata di moda, scrive Jonathan Wilson sul Guardian. Ma resta invece quel talento che fa la differenza.

Wilson è un attento osservatore dei cambiamenti del gioco. Ricorda come esempio un ottavo di finale di Champions del marzo 2019 tra Manchester United e Paris Saint-Germain. All’intervallo lo United vince per 2-1, ma serve ancora un gol per la qualificazione. E allora “Ole Gunnar Solskjær fa un colpo da maestro controintuitivo: si siede. Per mezz’ora non accadde quasi nulla. Il Psg spinge timidamente, prima sconcertato e poi ansioso. E poi Solskjær scatena il suo assalto agli avversari in preda al panico”.  Alla fine lo United passa grazie ad un rigore. Ma il punto è che “quello era Solskjær al suo apice”, uno “ancora in preda all’euforia di non essere José Mourinho”.

“Si dimostrò abile era nel leggere e manipolare il flusso emotivo della partita. Una strategia ad alto rischio, ovviamente”. Aveva concentrato tutto in 15 minuti, contando sull’ansia del Psg incline a crollare sotto pressione. “Mentre il suo United, a quel punto, aveva totale fiducia in lui come canale dello spirito di rimonta del 1999. Avrebbero aspettato e sarebbero partiti quando lui glielo avesse detto, e lo avrebbero fatto con una ferocia e una convinzione maggiori in quell’ultimo quarto d’ora di quanto avrebbero potuto fare nei 45 minuti interi, quando ogni attacco sventato avrebbe invece potuto intaccare la fiducia in se stessi”.

Per Wilson per gli allenatori “cavalcare le emozioni di una partita è un attributo passato di moda. Per anni il calcio inglese è stato ossessionato dal cuore e dalla passione e tendeva ad essere scettico riguardo a sistemi e tattiche. Ora sembra che ci sia stata una correzione eccessiva. C’è un’ossessione per il processo“.

“I dati stanno fornendo spunti affascinanti sul gioco, consentendo di affinare le strutture del pressing e di aumentare l’efficienza in tutto il campo, ma c’è il pericolo che si perda l’umanità dei giocatori, il fatto che abbiano emozioni, alti e bassi – e che , cosa fondamentale, questi non sono inevitabili”.

L’idea di alcuni allenatori che la fiducia e l’applicazione siano preimpostate e immutabili, forse addirittura illusorie, è una delle grandi bugie della rivoluzione statistica del calcio. I dati non sono predestinazione. Ma non si tratta solo di singoli giocatori; come ha dimostrato Solskjær a Parigi, anche le partite hanno i loro umori che possono essere sfruttati”.

“Ci sono pochi assoluti nel calcio; quasi tutto è contingente. Le filosofie sono importanti come principi guida, ma non sono mai giuste in sé. Il calcio non è un problema in attesa di essere risolto. Ciò che può essere appropriato in una situazione non lo è necessariamente in un’altra”.

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