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Papa Francesco, la Faz attacca la sua ambiguità su Israele: lo paragona a Pio XII

Ha fatto firmare al massimo rappresentante cattolico in Israele un comunicato in cui si accusa unilateralmente Israele dell’escalation del conflitto

Papa Francesco, la Faz attacca la sua ambiguità su Israele: lo paragona a Pio XII
Pope Francis visits Rome's main Synagogue on January 17, 2016. Pope Francis became the third pontiff to visit Rome's main synagogue, where he met members of the Italian capital's Jewish community. (Photo by VINCENZO PINTO / AFP)

La Faz attacca Papa Francesco e la sua ambiguità su Israele, lo paragona a Pio XII.

I giornali tedeschi sono l’esatto opposto di quelli italiani. Lì non esiste la estenuante ricerca del vocabolo o della frase retorica allusiva che – rigorosamente senza dire – cerca di comunicare un concetto, un’idea. Giustamente, essendo tedeschi, pensano che sono giornalisti, lo fanno per scrivere opinioni, fornire punti di vista, sui giornali così come in tv. Succede quindi che l’edizione on line della Faz venga a aperta da un’analisi di spessore sull’ambiguità di Papa Francesco nei confronti di Israele. Il titolo è:

Il Vaticano non ha imparato nulla. Il Papa tace sul conflitto in Medio Oriente.

Scrive Thomas Jansen:

Ottant’anni dopo l’Olocausto, il silenzio di un papa sta mettendo a dura prova i rapporti tra Israele e Vaticano. E questo papa non si chiama Pio XII. Il suo nome è Francesco. Dopo l’attacco di Hamas a Israele, il capo della Chiesa cattolica ha costantemente evitato di fare una chiara distinzione tra aggressore e vittima.

Il Papa, invece, denuncia il “terrorismo” nel conflitto mediorientale a tutto campo, riferendosi evidentemente soprattutto alla parte israeliana. Papa Francesco ha fatto firmare al Patriarca latino di Gerusalemme – massimo rappresentante cattolico in Israele – un comunicato senza essere smentito delle chiese cristiane, in cui si accusa unilateralmente Israele dell’escalation del conflitto. Tutte le proteste israeliane contro questo si sono riflesse sul Papa.

Francesco, che già non ha familiarità con la dottrina cattolica della guerra giusta, ha menzionato il diritto di autodifesa di Israele solo una volta in una clausola subordinata, pochi giorni dopo l’attacco. Il Vaticano difende le dichiarazioni del Papa sottolineando che in ultima analisi devono mantenere la neutralità.

Tuttavia, con questa narrativa di presunto apartitismo, l’organo di governo della Chiesa cattolica si è già reso inaffidabile durante la guerra in Ucraina. Nel caso di Israele, l’ambiguità della posizione del Vaticano è ancora più grave. La cassa di risonanza storica qui è il secolare antigiudaismo cristiano e il ruolo inglorioso della Chiesa cattolica di fronte all’Olocausto.

Conclude l’articolo:

Ora il Papa deve accettare l’accusa di Israele di non aver imparato nulla dal silenzio di Pio XII di fronte all’Olocausto. Resta da vedere quanto stia in piedi questo paragone storico. Una cosa però è chiara: la netta separazione tra religione e politica adottata dal Vaticano, spesso sensata e necessaria, ha conseguenze fatali nel caso di Israele. A cosa servono tutte le nobili parole sugli ebrei come “fratelli maggiori” dei cristiani se il Papa di fatto nega il diritto all’autodifesa all’unico Stato in cui gli ebrei possono vivere senza ostilità?

LE MONDE LO ATTACCÒ PER NON AVER MAI CONDANNATO L’AGGRESSIONE RUSSA ALL’UCRAINA

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