Sacchi: «Siamo all’Europeo, però adesso non pensiamo di essere diventati dei fenomeni»

Alla Gazzetta: «Siamo indietro rispetto alle principali nazionali d’Europa. L’Italia ha un solo centro tecnico federale, la Francia ne ha sedici»

Sacchi Napoli

Db Reggio Emilia 06/02/2016 - campionato di calcio serie A / Sassuolo-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Arrigo Sacchi

Arrigo Sacchi predica calma e prudenza. L’Italia va in Germania a difendere il titolo conquistato nel 2021 a Wembley, però guai a lasciarsi andare a facili entusiasmi. La prestazione dell’Italia è stata più che buona, sufficiente a raggiungere l’obiettivo ma “non siamo certo diventati di colpo dei fenomeni”.

Ad intervistare Sacchi è la Gazzetta dello Sport:

«È andata e va bene così. Siamo all’Europeo, il risultato che volevamo. Però adesso non commettiamo gli errori del passato, non pensiamo di essere diventati dei fenomeni perché altrimenti ci ritroviamo a terra. I ragazzi hanno dato tutto e a me, date le condizioni, questo basta. Aggiungo che, se avessimo perso, cosa che non meritavamo, non si sarebbero potute dare colpe a questo gruppo di giocatori e all’allenatore. Spalletti è arrivato da poco, lasciamolo lavorare. Anche lui deve imparare a conoscere l’ambiente e i calciatori».

“Guai, però, a pensare di essere già arrivati al traguardo”, ricorda la Gazzetta.

«Sarebbe un errore imperdonabile. Questa qualificazione dev’essere un punto di partenza, non di arrivo. Se vogliamo diventare una Nazionale leader c’è bisogno di cambiare parecchie cose, e non sto parlando di questioni tattiche».

Sacchi analizza quindi la situazione della Nazionale e del calcio italiano:

«Siamo indietro rispetto a tutte le principali nazionali d’Europa. L’Italia ha un solo centro tecnico federale, la Francia ne ha sedici. Ci batte persino la Svizzera, che ha tre centri. Dobbiamo avere il coraggio di guardare alle altre realtà e, se possibile, prendere spunto. Nel nostro campionato ci sono troppi stranieri che chiudono gli spazi ai giovani. Bisogna investire sugli allenatori, organizzare corsi specializzati, formarli. E poi saranno loro a scegliere i giocatori da crescere. La Francia è riuscita ad abbinare scuola e calcio, ed è arrivata lontano. Cerchiamo di seguire quella strada».

Correlate