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Garcia è il dito ma la luna è De Laurentiis

Lo scudetto e il successo lo hanno reso irriconoscibile. Questo Napoli è il logico risultato di scelte molto discutibili in un clima di incomprensibile fideismo

Garcia è il dito ma la luna è De Laurentiis
Italian film producer, owner and chairman of Italian football club Napoli Aurelio De Laurentiis attends the '130 years of Il Mattino' Italian daily newspaper event at the Royal Palace in Naples, Southern Italy, on May 25, 2022. (Photo by Eliano Imperato / Controluce via AFP)

All’uscita dall’Hotel Raphael le monetine le tirerebbero addosso a Rudi Garcia oggi imputato pressoché unico con l’accusa di aver torturato e reso irriconoscibile il Napoli dello scudetto. Non che l’accusa sia infondata. Il Napoli visto a Genova è oltre l’imbarazzante. Una squadra senza capo né coda. Cui il francese aggiunge le sue irritanti risposte che potrebbero cominciare già a riempire un quadernetto: dal “non ho visto Raspadori in Nazionale, mi hanno detto che ha giocato punta”, a “prima della Champions non è mai facile giocare, il Psg ha perso e il Bayern ha pareggiato”.

Ma Garcia è una conseguenza del problema che è all’origine dello sfacelo del Napoli. Garcia è il dito. La luna è Aurelio De Laurentiis grandissimo presidente del Napoli, immotivatamente criticato per un decennio, ma da quattro-cinque mesi un uomo del tutto irriconoscibile. Trasfigurato dal successo ottenuto con la vittoria dello scudetto.

L’amara verità, purtroppo, è che non c’è sorpresa in quel che sta accadendo nel Napoli. È il logico risultato di una monarchia assoluta cominciata quattro-cinque mesi fa. Nel silenzio generale, anzi nel tripudio generale.

De Laurentiis ha ingaggiato Garcia perché a Napoli non è voluto venire nessuno. Questo è il punto. Fummo tra i pochissimi a dire che si trattava di una scelta a dir poco discutibile. Abbiamo poi scoperto che De Laurentiis non sapeva neanche che tipo di gioco facesse. Garcia era un allenatore dimenticato. Ma a Napoli si era troppo impegnati a festeggiare per discuterne. Dimenticando che De Laurentiis ha basato gran parte del suo successo sulla capacità di inquadrare le persone in pochi minuti. Ma il fiuto, con gli anni, rischia di non essere più lo stesso. Non a caso non aveva capito che Spalletti lo avrebbe abbandonato.

Nel post-Spalletti non c’è stata alcuna progettualità. Ha solo tenuto la squadra che ha vinto lo scudetto, con l’eccezione di Kim (di fatto non sostituito), credendo che bastasse per vincere. Tutti i nodi sono rimasti irrisolti. Non ha preso alcuna decisione. A dispetto di quel che pretende di far apparire, Adl – come la gran parte degli imprenditori italiani – non è un decisionista. Ha subito gli addii di Spalletti e Giuntoli, tanto per fare due nomi non a caso.

Le folle si sono eccitate per la risposta a Gravina su Spalletti e per il comunicato sulle cazzate a proposito del rinnovo di Kvara. A noi pare che la realtà sia un’altra: Spalletti, pur di non lavorare con lui, era ed è disposto anche a pagare due milioni di euro. Kvaratskhelia oggi non è la nemmeno controfigura del calciatore che fu. Non ci meraviglieremmo di fronte  ad altre trovate populistiche pur di non guardare in faccia la realtà.

Per non parlare della vicenda Osimhen. Che Adl non ha voluto vendere agli arabi, nonostante il desiderio del nigeriano. È finita sui giornali di tutto il mondo la frase “con 200 milioni non comprate nemmeno un piede di Osimhen”. Il succo è che Osimhen non ha rinnovato, al momento è un calciatore irriconoscibile e De Laurentiis rischia di perderlo a molto meno di 200 milioni, se non a zero. E sorvoliamo su Zielinski e l’affare sfumato Gabri Veiga.

Non ce ne voglia De Laurentiis. Lo abbiamo difeso con convinzione quando era un grande presidente e lo è stato per anni, per quasi un ventennio. Ora ci ricorda il professor Unrat il protagonista del film “L’angelo azzurro”. Unrat perse la testa per Marlene Dietrich. De Laurentiis ci sembra che abbia perso la testa per il successo. Può succedere. E un alibi gli va concesso: a Napoli ha a lungo subito un clima assurdo e vergognoso. Fino allo scudetto. La svolta. Il momento in cui è potuto uscire di casa a testa alta col popolo che lo acclamava. Lo scudetto lo ha catapultato in un’altra dimensione. Da uomo più odiato in città, è diventato un re taumaturgo. E si è convinto che sia stato unicamente merito suo. Di meriti ne ha tanti, ovviamente, e giustamente tutti glieli abbiamo riconosciuti. Ma non ha vinto da solo. Dalla sera alla mattina il presidente del Napoli è stato intervistato da mezzo mondo: Financial Times, Le Monde e tanti altri. Il direttore di Repubblica si è scomodato per lui con un’intervista di due pagine, trattandolo alla stregua di un leader politico internazionale. Fabio Fazio ha chiuso con Adl ospite la sua avventura professionale in Rai. Alle riunioni in prefettura De Laurentiis si comportava come se fosse il padrone di casa. In un simile contesto ci sta che si perda il contatto con la realtà. Tutti i grandi hanno un tallone d’achille, è il modo che ha la natura per difendersi, per ricordare all’umanità che altro non siamo che un legno storto.

Non ritroviamo quasi più nulla dell’imprenditore che abbiamo apprezzato. Il De Laurentiis che abbiamo difeso per anni, avrebbe reagito agli addii di Giuntoli e Spalletti con nomi altisonanti. Come in passato fu con Ancelotti e Higuain dopo Sarri e Cavani. Non opponendo invece la ridicola versione che sintetizziamo così: “abbiamo vinto grazie a me e solo a me, e ve lo dimostrerò”.

Ci siamo ritrovati ad assistere con sgomento alle passeggiate a petto in fuori a Dimaro, per raccogliere l’ovazione della folla. Siamo rimasti attoniti di fronte alla conferenza stampa del direttore sportivo (secondo noi bravo nonché degnissima persona) che ha dichiarato di aver ricevuto la telefonata del presidente alle 7 del mattino e di aver firmato a mezzogiorno. Non si erano mai sentiti prima, ha dichiarato. Sembrava un film di Mel Brooks. È stata anche l’estate del familismo aziendale, più laterale (nel senso di irrilevante) che amorale.

Ora è il momento del brusco risveglio. De Laurentiis ha tra le mani un Napoli irriconoscibile. Zeppo di scontenti. Senza difensore centrale. Senza un gioco. Con i calciatori più forti che sembrano controfigure. E un allenatore che non si riesce a capire se ci è o ci fa.

La situazione del Napoli è questa. La speranza è che il De Laurentiis contabile si ridesti, guardi in faccia la realtà e prenda il sopravvento sul De Laurentiis vanesio. Il denaro potrebbe avere quest’effetto su di lui. E sarebbe l’unica salvezza per i tifosi del Napoli. Altrimenti il muro che cominciamo a vedere davanti a noi, si avvicinerà sempre di più e a velocità sorprendente.

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