Szoboszlai: «Per allenarmi a non tirare le maglie degli avversari giocavo con le palline da golf in mano»

A The Athletic: «Se qualcuno ti supera vorresti tirarlo per la maglietta, ma se hai le mani occupate non puoi. Me lo ha insegnato mio padre» 

Szoboszlai

Db Cesena 07/06/2022 - Nations League / Italia-Ungheria / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Dominik Szoboszlai

Dominik Szoboszlai è sbarcato a Liverpool a luglio dal Lipsia. Intervistato da The Athletic torna ai suoi ricordi d’infanzia. Ha 22 anni, è nato nella città ungherese di Szekesfehervar, a 45 minuti di auto dalla capitale Budapest. Suo padre, Zsolt, lo coinvolgeva in diverse sfide in casa, da ragazzo, una di queste era lo slalom con una palla tra bottiglie d’acqua posizionate nella stanza: se ne avesse rovesciata una, racconta, avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo.

«Lo facevamo in casa perché non avevamo un giardino. Se l’acqua era ancora nelle bottiglie, era più facile dribblarle. Ma se non ce n’era, era molto più difficile. Mio padre versava l’acqua quasi ogni volta. Se una delle bottiglie cadeva, dovevo continuare a farlo finché nessuna di esse non cadeva. Dovevo rimanere lì fino a quando facevo tutto bene, solo allora potevo andare».

Szoboszlai racconta che ha iniziato a dare calci al pallone «quando ho iniziato a camminare. La prima volta che sono andato in campo con mio padre, avevo circa tre anni».

Il padre, che ha giocato nella massima serie ungherese prima di intraprendere la carriera di allenatore, ha co-fondato l’accademia giovanile Fonix Gold nella periferia della loro città natale nel 2007, dove Szoboszlai ha affinato il suo talento dall’età di sei anni. Per fargli sviluppare le sue capacità tecniche, faceva allenare Szoboszlai con una pallina da golf in ciascuna mano per assicurarsi che imparasse a riconquistare il possesso in modo pulito.

«Se qualcuno ti supera, vorresti afferrargli la maglietta, ma mio padre non voleva che commettessi fallo. Voleva assicurarsi che crescessi senza quelle abitudini. Quindi metteva le palline da golf nelle mani di ogni giocatore. Se ne hai una in mano non puoi prendere nessuno. Ha fatto delle cose pazzesche, non voglio raccontarle tutte!».

I metodi di Szoboszlai senior potrebbero essere stati eccentrici, ma sono stati anche fonte di ispirazione per la carriera di suo figlio.

«Ho sempre voluto diventare un calciatore. Certo, ci sono stati momenti in cui era davvero difficile, quando ad esempio guardavo i miei amici andare alle feste o godersi la vita e io dovevo svegliarmi al mattino e andare al campo di allenamento. A volte pensavo: ‘perché sto facendo tutto questo? Voglio divertirmi anch’io’. Ma mio padre diceva: ‘No, puoi godertelo dopo’. E aveva ragione. Ha avuto la più grande influenza sulla mia vita. Abbiamo fatto tutto insieme. Quando sei un bambino, probabilmente quasi il 90% delle persone crescono con la loro mamma quasi sempre intorno. Con me, invece c’era mio padre. Vedevo mia madre al mattino quando preparava la colazione e poi la sera quando tornavo a casa dall’allenamento e poi andavo a dormire».

Szoboszlai racconta il suo primo tatuaggio, fatto quando era un adolescente. Si è impresso sulla pelle una citazione di Steven Gerrard. Ce l’ha sul braccio sinistro.

«È in ungherese e difficile da tradurre, ma è qualcosa come ‘Dio ti dà talento, ma se non lavori e ti sacrifichi molto non significherà nulla’. Mi piace il messaggio. Ho sempre voluto avere un tatuaggio perché mio padre ne aveva un po’».

Szoboszlai racconta la trattativa con il Liverpool:

«Il mio agente non mi ha detto tutto quello che stava succedendo dietro le quinte, mi parla solo quando è sicuro e siamo pronti ad andare. Tutto è accaduto nello spazio di tre giorni. Mi ha chiamato e mi ha detto: ‘Il Liverpool è davvero interessato, quindi parliamone’. Il giorno dopo ne abbiamo parlato e il terzo giorno stavamo volando a Liverpool. Non ho dovuto pensarci molto. Ho telefonato ad alcune persone che sono importanti nella mia vita per dirglielo. Ho anche parlato con alcuni giocatori con cui ho giocato e che hanno più esperienza di me. Avevo un’idea chiara di quello che volevo fare. Il Liverpool mi ha spiegato i loro piani e io ho detto: ‘Facciamolo’».

 

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