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Dietro il grande contratto di un calciatore, c’è una grande donna: gli affari li fanno meglio loro

Dalla mamma di Mbappé a quella di Rabiot. O Marianna Mecacci che ha chiuso l’affare Tonali. Fino a Rafaela Pimenta erede dell’impero Raiola

Dietro il grande contratto di un calciatore, c’è una grande donna: gli affari li fanno meglio loro
Veronique Rabiot, mother of Paris Saint-Germain's French midfielder Adrien Rabiot is pictured during the French L1 football match between Paris Saint-Germain (PSG) vs Guingamp on May 8, 2015 at the Parc des Princes stadium in Paris. AFP PHOTO / FRANCK FIFE (Photo by FRANCK FIFE / AFP)

A Napoli si dice “non mettere le mamme in mezzo”. Che nel calcio è un concetto immarcabile. Perché sono loro, le mamme – ma più genericamente le donne – a ribaltare il paradigma: si mettono “in mezzo”, mediano, contrattano, filtrano, indirizzano. Decidono. Perché sono procuratrici, agenti, a volte si giustappone il “super” per convalidare la superiorità multiruolo: madri-mogli-compagne-femmine-professioniste. Basta unire i puntini delle ultime rassegne stampa di calciomercato: da Tonali a Rabiot, da Mbappé a Icardi, fino a quella multinazionale umana di Rafaela Pimenta che nel portafogli ha i destini di Haaland e decine d’altri. Dietro un grande calciatore c’è (sempre più spesso) una grande donna.

Non per forza mediaticamente ingombrante come Wanda Nara, una e trina quando da procuratrice depositò il pacco Icardi in Turchia mentre da moglie si liberava dell’incomodo marito in crisi matrimoniale, restando da mamma a difesa del focolare parigino. Un capolavoro. Nelle ultime ore registriamo agli atti di questa storia di genere l’ennesimo colpaccio di mamma Rabiot che non ha fatto sconti ai manager del Manchester United e ha ri-portato a casa un rinnovo da 8 milioni l’anno alla Juventus. Lei è un caso di specie. Le sue “richieste oscene” scatenano da anni campagne di stampa tutte più o meno derisorie (la Gazzetta a gennaio fece un apposito pezzo per spiegare “perché è giusto che Rabiot non giochi più, alla Juve”), puntate sul rapporto “insano” tra tanta mamma e il figlio tratteggiato quasi come uno incapace di intendere e di volere. In realtà il legame fortissimo tra i due ha una storia personale straziante, che ha a che fare con la morte del marito-papà.

Dietro l’affare strappa-bandiere che porterà Tonali in Premier c’è Marianna Mecacci, collaboratrice di Beppe Riso, definita da Sportitalia “la mente” dell’operazione: “una tosta, che non si ferma mai e che le idee le ha ben chiare”. Ma per The Athletic (e una dozzina di altri influentissimi quotidiani internazionali) la “la donna più potente del calcio mondiale” è Fayza Lamari, la mamma di Mbappé. Colei che tiene sulle spine potentati economici della portata di Psg e Real Madrid. Ancora stamattina colleghi e media spagnoli le intestano il peccato originale: è solo colpa sua se il campione francese non gioca già nella Liga. Se la storia dei cliché è zeppa di scarrafoni bellissimi a mamma loro, Lamari è l’unico caso al mondo di mamma che sottovalutò il figlio: leggenda narra che quando quando gli scout del Chelsea traccheggiarono nell’ingaggio d’un 13enne Kylian, lei, Lamari, se ne andò piccata: «tra 5 anni mio figlio varrà 50 milioni di euro». Un clamoroso errore di valutazione per difetto.

Lamari più di Rafaela Pimenta, dunque. Pur sempre l’erede dell’impero di Mino Raiola. Una passata dall’essere docente di giurisprudenza a San Paolo a lavorare per il governo brasiliano sulla legislazione antitrust, a studiare per un PhD, a collaborare con Raiola fino a sostituirlo. Il titolo della sua prima intervista al Telegraph da titolare dell’agenzia fu: “Un branco di farabutti ha cercato di approfittare della tragedia e di rubare a Mino i giocatori”.

È un fenomeno che salta fuori per contesto, attualità, ma a ritroso l’aneddotica non manca: Nathalie Vieri ha gestito per tutta la carriera il patrimonio del figlio, “meglio che ci pensi lei”, diceva Bobo. Francesca Costa in Zaniolo è l’unica consigliera del figlio, tra un selfie e gossip. E fu mamma Fiorella Totti a dire “no, grazie” al Milan che voleva portarsi via il Pupone. Come Azise Falcao, al telefono con Giulio Andreotti, che addirittura le portava il messaggio di Papa Wojtyla affinché suo figlio rifiutasse l’Inter e restasse in giallorosso.

Se la madre di Cristiano Ronaldo ha avuto l’ardire di definirsi “Madre coraggio” nella sua autobiografia, la mamma di tutte le mamme del pallone, capofila iniziatico della deriva poi diventata anche affaristica, fu Dalma Salvadora Franco, la mamma di Maradona. Diego la chiamava la Tota. Era il suo tutto.

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