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Il massacro mediatico di Berrettini, “perde per colpa di Melissa Satta”

Sarebbe il miglior tennista italiano degli ultimi 40 anni, ma per il tribunale dei social “sta con Melissa Satta e pensa solo alle pubblicità”. Bello e ricco: il peccato originale

Il massacro mediatico di Berrettini, “perde per colpa di Melissa Satta”
Berrettini. Jamie Squire/Getty Images/AFP (Photo by JAMIE SQUIRE / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

Dalla copertina di “L’Equipe” a quella di “Chi” è un passo (falso). Dalla finale di Wimbledon al letto di Melissa Satta è un salto, carpiato. Matteo Berrettini sta in mezzo a questi estremi, in contumacia. Suo malgrado. E’ vittima, da un un po’ di settimane, dell’umanità scandalizzata dal gossip: “sta con Melissa Satta, è tutto finito”. Per la gente comune – l’italiano medio che elemosina un selfie da Maria De Filippi con lo sfondo del feretro di Maurizio Costanzo, o che parimenti si indigna per quello sciacallaggio instagrammabile – il sesso degli atleti funziona come quello degli angeli: non va appurato. Perché se il campione, non sia mai, ne scoprisse le gioie finirebbe per vagare tramortito sui campi, flaccido, irretito. Il triste destino dei nostri migliori talenti: risucchiato da una vulva. Attenzione: vale solo per i genitali femminili. Non si rintracciano nella casistica del pettegolezzo poredonne spompate dal bonazzo di turno. No: Matteo Berrettini perde perché “ora sta con Melissa Satta”.

E’ accaduto di nuovo, stanotte. Berrettini s’è ritirato nel bel mezzo dei quarti del torneo di Acapulco, dopo un primo set perso a zero contro Rune. L’ennesimo acciacco di questi mesi sfortunati, stavolta alla gamba destra. Il tempo di battere la notizia online che sui social è rimbalzato il commento irridente, livoroso: “S’è montato la testa, fa la bella vita. STA CON MELISSA SATTA”. Segue nitrire di cavalli, Melissa Satta li fa scattare come la Frau Blücher di Frankenstein Junior.

Matteo Berrettini, va da sé, è il miglior tennista italiano degli ultimi 40 anni. C’è anche Sinner, che però non lo ha (ancora) superato. Oltre a quella finale a Wimbledon, ha vinto il Queen’s. Era dietro Federer e Nadal che si stringevano teneramente la mano all’addio dello svizzero, di fianco a Djokovic, a Tsitsipas. Abita quel gotha lì. E’ stato numero 6 del mondo, adesso è “sceso” fino al numero 24. E in Italia 24 non va più bene, non è accettabile. Appena una decina di anni fa il metro della soddisfazione nazionale avrebbe ammesso Berrettini alla beatificazione perpetua. Ma adesso non c’è indulgenza: se a 26 anni pensi a far soldi con le pubblicità invece di vincere tornei sei un irresponsabile, quantomeno. Là fuori il tribunale dei poricristi non fa sconti. Il metro della soddisfazione s’è accorciato, è diventato un centimetro. Le dimensioni non sono importanti, in fondo. Non le nostre.

Berrettini poi le paga tutte, ultimamente: è bello, è famoso, è fortissimo, e monetizza tutto ciò firmando contratti con gli sponsor. Se vuoi “reggere” il peso di tanta fortuna devi perpetuare la tua eccezionalità. Non è ammessa la sconfitta ad un primo turno, il ritiro, la retrocessione in classifica. Per di più se ti accompagni con una donna stupenda: è la cultura del peccato altrui. O solo l’invidia. In ogni caso è un tic da sfigati: il ragazzo risente dello sforzo sessuale, vittima dell’ennesima mantide. Ve lo ricordate Borg devastato da Loredana Berté? Il “povero” Icardi rovinato da quella ninfomane di Wanda Nara rende più l’idea? La commedia sporcacciona degli anni 70, non siamo cresciuti.

Fa un po’ ridere questa deriva pruriginosa del ditino puntato. Come se Berrettini prima di incontrare Melissa Satta fosse un putto alato. E’ notorio infatti che tennisti e tenniste vivano in condizione di semi-castità, no? Belli, ricchi e spiritisanti.

Il punto è che molta parte della critica (a prescindere) non aspettava altro, intimamente, che il fallimento del campione condannato a vincere. La frustrazione, le bestemmie, il veleno, sono parte dello stesso spartito. Perché a volte la mediocrità è meno imbarazzante dell’esaltazione. È più aderente alla nostra identità di tifosi basici, che sia pallone o tennis o Sanremo. Campare oltre le proprie possibilità alimenta illusioni che non possiamo permetterci. E Berrettini, colpevolmente, campa oltre le nostre possibilità. Quello è.

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