Al Messaggero: «Oggi se ripenso alla me stessa di un anno fa provo tenerezza. Ero in crisi. Pensavo di non farcela a chiudere il disco».

Il Messaggero intervista Claudia Lagona, in arte Levante. Ha partecipato al Festival di Sanremo presentandosi con un look totalmente differente rispetto al passato. Racconta la sua depressione post partum: il nuovo album, come il nuovo look, sono stati per lei quasi una cura.
«È come se avessi dissotterrato la ragazza di “Manuale distruzione”, che credevo perduta, e contemporaneamente mi fossi vista nel domani»
La depressione è durata un anno.
«Oggi se ripenso alla me stessa di un anno fa provo tenerezza. Ero in crisi. Dicevo: non ce la farò a chiudere il disco».
Chi l’ha aiutata? Levante:
«Un gruppo supporto psicologico me l’ha dato il mio team: dal mio produttore Antonio Filippelli ai discografici,
passando per i musicisti. Naturalmente non è bastato: una depressione non se ne va con uno schiocco delle dita. Ero fuori dal mondo. Anche la scrittura è stata una forma di terapia: volevo raccontare quel momento che stavo vivendo, anche a costo di risultare pesante».
Levante spiega il senso dell’album Opera futura:
«Non mi piango addosso. Mentre lo scrivevo facevo il funerale a una parte di me, ma accoglievo al tempo stesso una parte di me nuova, che non conoscevo e che mi sembra potente».
Com’è il sogno erotico di cui parla nel testo?
«C’è la sessualità, è inevitabile. Ma non solo. L’erotismo è anche un modo di vivere, una pulsione, uno slancio».
E conclude:
«Non ambisce a diventare un inno: è un grido di speranza. Un modo per dire: “Orami riprendo tutto”».