Careca: «Spalletti è un uomo pulito e onesto. Questo ai calciatori arriva»

A Calciomercato.com: «Ai miei tempi parlavano di Napoli come del terzo mondo. La rivoluzione di Maradona è andata oltre il campo».

careca

1988 archivio Storico Image Sport / Calcio / Napoli / Antonio Careca / foto Aic/Image Sport

Calciomercato.com intervista Antonio Careca.

«Sono un brasiliano napoletano, mi arrabbio quando parlano di Napoli sempre in un certo modo. Per fortuna le cose sono cambiate molto rispetto a quando sono arrivato io, all’epoca ci descrivevano come il terzo mondo. Qualche passo avanti è stato fatto, un percorso che ha avviato Diego prima di tutti. Lui è arrivato prima, è stato il nostro esempio. Lui ha guidato una rivoluzione sportiva che però aveva un senso molto più profondo, che andava oltre i confini del campo. Abbiamo vinto contro Roma, contro Milano, contro Torino. Hanno vinto i napoletani, che avevano bisogno di affrancarsi. Senza Maradona non sarebbe stato possibile».

Careca è arrivato a Napoli quando aveva 27 anni. Come mai così tardi?

«Ai miei tempi non era tardi. Non c’erano tutti gli strumenti che ci sono adesso, non c’era il web e conoscere calciatori che giocavano dall’altro lato del mondo era tutt’altro che semplice. E poi sono arrivato con la giusta esperienza, sposato, con i miei bambini piccoli. Una condizione che mi ha aiutato molto. L’amore dei tifosi era fantastico, ma difficile da gestire, a tratti asfissiante. Per noi era impossibile uscire di giorno senza ritrovarsi accerchiati, mi riconoscevano anche con barba finta, occhiali e cappello. Trascorrevo tanto tempo a casa e se fossi stato molto giovane, senza moglie e figli, sarebbe stato più difficile. Mi hanno dato equilibrio e serenità, serate tranquille e qualche buon piatto di pasta con le vongole, il mio preferito».

Careca parla del Napoli.

«Sono forti, giocano bene e sono uniti. Ho parlato con Spalletti e mi ha fatto una bellissima impressione, un uomo pulito e onesto. Questo ai calciatori arriva. E poi c’è Osimhen che è fortissimo e diventerà ancora più forte perché ha voglia di migliorarsi e ha ancora qualcosina da sgrezzare. Ma è inarrestabile, ha uno strapotere fisico impressionante. Nel gol fatto contro la Roma ho visto qualcosa di Pelé, ha dominato il pallone, sovrastato il difensore e spaccato la porta. In quel gol c’è tutto, tecnica, cattiveria e potenza».

Al di là del Napoli, questo calcio ti diverte ancora?

«È diventato business, non c’è più il senso di appartenenza che c’era prima. È tutto diverso, ma i meno colpevoli sono i calciatori. È il sistema che è malato e anche i giocatori faticano a confermarsi per tanto tempo ad alto livello. Dopo dieci partite buone li riempiono di milioni quando sono ancora giovanissimi ed è facile smarrirsi. È facile perdere stimoli e motivazioni, parliamo sempre di ragazzini e sarebbe giusto accompagnarli gradualmente a certi guadagni. Anche per questo motivo non c’è più quel senso di appartenenza che c’era prima».

Correlate