In Spagna il “pragmatismo” blaugrana è un trauma concettuale. Segurola: “Non corrisponde alla realtà del suo gioco. E’ una riconversione per disperazione”

“Barcellona risultatista”. Il titolo del Paìs di stamattina è tutto un programma. E’ primo in classifica nella Liga grazie ad uno striminzito 1-0 sul campo dell’Atletico Madrid. E se da noi il “corto muso” della Juve fa da contraltare alla dannazione della bellezza forzata del Napoli, in Spagna questo nuovo corso del Barca è addirittura “sconcertante”. “Desconcierto”, in spagnolo suona pure meglio.
Lo definisce così sul Paìs, nell’editoriale a supporto del suddetto titolone, Santiago Segurola. Scrive di “riconversione, anche se è difficile precisare la validità del concetto in una squadra ormai giustificata dalla sua efficienza“.
Il Paìs la chiama “italianizzazione, che di per sé è un’idea sempre più estranea al calcio in Italia”, cosa che “comincia a funzionare da alibi per la società, che vive con disagio la distanza tra ciò che ha predicato —modello, stile, ecc.— e ciò che razzola ora”.
E’ un trauma per gli spagnoli, il Barca risultatista, che nientemeno ha “abbandonato la buona calligrafia per scarabocchiare”.
Ma Segurola ne fa una questione di coerenza: “Come si spiega la teoria del pragmatismo difensivo in una squadra che soffre di gravi inefficienze difensive? La risposta più probabile è che il Barça sta cercando di ottenere qualcosa che non può ottenere —convincere con un gioco cartesiano e fluido— e si stia dedicando ad angoscianti esercizi difensivi, contrariamente alla natura del progetto di Xavi, che non riesce a tradurre ciò che vuole nel linguaggio quotidiano della squadra”.
Insomma: risultatista sì, ma per disperazione. “Il pragmatismo non corrisponde alla realtà del suo gioco, al canone calcistico del club e al discorso di Xavi, atteso custode di essenze che non si vedono in campo”.