Al Messaggero: «Il Santos sbaglia a ritirare la sua maglia. Sarei stato contrario anche se lo avesse fatto il Flamengo con me. Il rispetto non si dimostra così».

Sul Messaggero un’intervista ad Arthur Antunes Coimbra, più conosciuto come Zico. Leggenda vivente del calcio brasiliano, è stato soprannominato il Pelé bianco. L’appellativo, però, non gli piace.
«Non parliamo di questa cosa, non mi è mai piaciuto. Questo soprannome è stato un peso in tutta la mia carriera. La gente andava allo stadio pensando di andare a vedere di nuovo Pelé e invece trovava un altro giocatore. Ma come me anche altri hanno sofferto questo paragone. Io probabilmente più di tutti, perché ero della generazione successiva a quella della terza coppa Rimet, vinta contro l’Italia nel 1970. Chiaramente lui non c’entrava nulla, anzi con me è stato sempre carino, prodigo di consigli. Ma Pelé è stato unico e né io né altri ci siamo potuti avvicinare. Nella storia c’è stato Mozart, in un’altra epoca i Beatles ma erano unici. Imparagonabili, geni assoluti. E la stessa cosa è nel calcio: Pelé è stato unico. Ci sono stati altri calciatori che hanno fatto cose stupende, però Pelé è Pelé. Il re del calcio».
In cosa eccelleva Pelé? Zico:
«In tutto. Quando Dio ha deciso di creare un calciatore, ha dato a Pelé tutte le qualità possibili. E lui lo ha ringraziato, diventando il numero uno del mondo. A me quello che impressionava era come scattava, si fermava, e poi ripartiva alla stessa velocità, avendo nel frattempo stoppato il pallone e già dato il via alla giocata. Era incredibile: con il destro, il sinistro, di testa, non aveva punti deboli».
Il Santos sta valutando se ritirare la maglia numero 10, Zico non è d’accordo.
«Per nulla. Quel numero deve rimanere un punto di riferimento per i ragazzi che hanno il sogno di diventare un giorno un campione e vestire quella ‘camisa’. E sarei stato contrario anche se il Flamengo me lo avesse proposto quando mi sono ritirato. Il rispetto non si dimostra così».