Va sempre allo stesso modo: segnano, danzano, pregano, s’ossigenano i capelli e poi incontrano qualcuno che non ha meno talento di loro ma non ci scherza su
“I croati sono quattro milioni, anche meno, ma ognuno di loro ha il dono della moltiplicazione di sé, perlomeno quando gioca al pallone. Il brasiliani sono cinquanta volte tanto e le loro lacrime sono una consuetudine, con loro va sempre alla medesima maniera, segnano, danzano, pregano, s’ossigenano i capelli e alla fine incontrano qualcuno che non ha meno talento atavico di loro ma non ci scherza su e non lo prende per gioco“.
Su La Repubblica, Emanuele Gamba commenta la sconfitta del Brasile contro la Croazia, al Mondiale in Qatar. L’emblema del Brasile è Neymar.
“Modric invece potrebbe essere brasiliano per come tratta il pallone (Modric potrebbe essere tutto) e invece è croato interamente, ha l’umiltà e il pelo sullo stomaco, ha una lucidità che più sale la fatica e più s’affina. Il Brasile invece è Neymar, presuntuoso e dannoso per due ore, geniale in quell’unico momento del gol che sembrava bastasse e poi ricomparso solo per piangere alla fine come quattro anni fa con il Belgio, come dodici anni fa con la Francia, sempre ai quarti di finale, sempre a causa di un genio (Zidane, De Bruyne, Modric) che conosce la vita per davvero, perché la vita rassomiglia molto al calcio. Otto anni fa quelli con le maglie color del sole arrivarono invece alla semifinale, ma solo per farsi umiliare in casa dalla Germania, nel Mineirazo: il Brasile che sa solo promettere e che al momento buono rimpiazza l’allegria con la tremarella. Giorni fa Neymar s’era fatto un selfie con il logo federale e le sei stelline: la sesta l’avrebbe dovuta mettere lui, invece è rimasta fuffa social”.
E ancora:
“Ora parlano di maledizione (Thiago Silva) e dicono che bisogna subito rialzare la testa (Casemiro), tanto tra quattro ci sarà un altro Mondiale, loro saranno favoriti come sempre e forse sarà passata la leggerezza vanagloriosa della generazione Neymar, il re del pugno di mosche. Ma resta incredibile la ripetitività brasiliana in tema di fallimenti”.