Cragnotti: «Mihajlovic cambiò la mentalità della Lazio, ci sprovincializzò»

Intervista a Repubblica: «Senza di lui non avremmo vinto tanto. Mancini venne da me e disse: “abbiamo bisogno di un leader” e fece il suo nome»

Mihajlovic

1999 archivio Storico Image Sport / Lazio / Sinisa Mihajlovic / foto Aic/Image Sport

La morte di Mihajlovic. Repubblica intervista Sergio Cragnotti presidente di quella Lazio che vinse quasi tutto e che ebbe in Sinisa uno dei punti di forza.

«La mentalità. La forza fisica e morale. Il coraggio. Quello che ha dato Mihajlovic alla nostra Lazio è stato decisivo, un contributo enorme di tutto. Senza di lui, non avremmo mai vinto tanti trofei, compreso lo scudetto del 2000».

Era l’estate del ’98, lei era presidente di una Lazio che stava crescendo.

«Avevamo appena perso la finale di Coppa Uefa con l’Inter, Roberto Mancini venne da me e mi disse che per fare il salto di qualità, per acquisire la mentalità vincente che serviva, dovevamo portare alla Lazio un leader. Ma non uno qualsiasi, mi
indicò proprio Sinisa Mihajlovic. Seguii il suo consiglio».

«Trasferimmo gran parte della Sampdoria nella Lazio, in pratica. Dopo Eriksson e Mancini, anche Veron, Lombardo, più altre figure dello staff tecnico e medico. E appunto Mihajlovic. Prima di lui, la Lazio era troppo provinciale, legata all’ossessione del derby. Con Mancini e Sinisa cambiò la mentalità, i progetti ambiziosi si concretizzarono. Lui, Mihajlovic, era un leader nello spogliatoio, sapeva trasmettere il suo carattere ai compagni più fragili e ai giovani. Ero sicuro sarebbe diventato un grande allenatore, infatti». 

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