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Meno male che Elmas non sapeva fare niente

L’assist non banale per Osimhen per il primo gol e poi la rete da centrocampista box to box prima del quarto d’ora finale di paura

Meno male che Elmas non sapeva fare niente
As Napoli 12/11/2022 - campionato di calcio serie A / Napoli-Udinese / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: esultanza gol Eljif Elmas

È stata una partita caratterizzata da un’inquietante fase finale.

Negli ultimi quindici minuti si è assistito a ciò a cui il Napoli non aveva (più) abituato i suoi tifosi, otre che i suoi detrattori, quest’anno.

Una squadra che si fa fare due gol (e quasi si fa rimontare per intero) in pochi minuti, seppure dopo aver condotto fino a lì la partita in assoluta scioltezza, con le solite eccellenti trame di gioco in velocità verticale, con il solito possesso palla mai fine a se stesso, insomma con le abituali caratteristiche di grande qualità singola e collettiva di gioco.

Una squadra che si fa per ciò prendere dalla paura e che quasi getta al vento un’occasione di consolidamento del primato oserei dire (per numeri ed antefatti) storica.

Simbolo di questo è, a parere di chi scrive, la scelta che ad un certo Politano fa a cinque minuti dal fischio finale: in un’azione di contropiede, la palla carambola su un difensore avversario e va a rotolare nella sua zona, solo dieci metri più avanti.

È un pallone che se l’esterno del Napoli fosse scattato alla sua maniera avrebbe potuto tranquillamente essere raggiunto per puntare la difesa avversaria in parità numerica (lui ed Osimhen contro due difensori), a campo aperto.

Ma Politano preferisce far sfilare la palla oltre la linea laterale, quasi dando il segnale di preferire far riprendere fiato alla squadra e far passare secondo preziosi per mantenere il 3 a 2, invece di cercare di andare a fare l’ultimo gol.

Circostanza a cui si aggiungono quelle (udite, udite) di Lobotka che invece di mantenere il pallone alla solita maniera contro il pressing avversario lo spazza in avanti alla cieca, oltre che di Meret che preferisce battere la rimessa dal fondo calciando la palla in avanti, invece di giocarla corta ai compagni.

Ed a cui si aggiungono i due errori di Kim.

Si, ad avviso di chi scrive sono due, perché il sud coreano sbaglia non solo, ovviamente, nell’avviare l’azione del secondo gol avversario, eseguendo una giocata frutto di grande superficialità (non consona alla sua solita impeccabile dedizione alla causa), quella cioè di tenere palla accettando un duello fisico di uno contro uno con l’avversario che stava andando a pressarlo, pur non avendo nessuno dietro in grado di coprirgli lo spazio in caso (come avvenuto) di palla rubata, invece di scaricare il pallone al portiere e riposizionarsi per un’eventuale sua nuova ricezione.

Kim sbaglia anche l’esecuzione della lettura della giocata difensiva nel primo gol dell’Udinese: se, come avvenuto, tu difensore leggi che l’avversario sta effettivamente caricando la gamba per effettuare il tiro (e non per fintarlo e dribblarti), allora devi coprire lo spazio e la distanza tra te ed il pallone ad una velocità tale da non far nemmeno partire il tiro, perché se questo parte, da quella distanza, il gol è quasi sicuro.

Insomma, una quindicina di minuti finale così strani (per gli standard di questo Napoli), da poter essere definiti assurdi, quasi surreali, e quindi tali da far sperare che – imparata la lezione – possano non più ripetersi.

Ciò detto, non possono, però, questi quindici minuti assorbire in negativo né i precedenti settanta nell’arco della partita, né, soprattutto, quanto fatto fino ad oggi in questa stagione dalla squadra azzurra, che ha dell’incredibile.

Undici vittorie di fila in campionato, un girone di champions league dominato a suon di (quasi più di) tre gol a partita in media rifilati agli avversari, un gioco stellare, gol frutto di schemi o anche di giocate individuali che a memoria d’uomo chi tifa Napoli non ricorda negli ultimi trent’anni, insomma fino ad oggi una stagione (una cavalcata?) al di là dell’immaginabile.

E quindi, andiamoci piano con le critiche e le paure.

D’altronde, anche nella partita di ieri si sono viste giocate e gol eccezionali.

Andiamo a commentarli uno per uno.

Il primo gol nasce da un’azione da noi più volte commentata ed analizzata in questa stagione, proprio perché frutto di uno schema di risalita del campo avversario da parte del Napoli ormai tipico ed abituale.

L’esterno basso (in questo caso Olivera) porta palla nella metà campo avversaria accentrandosi, e cioè in posizione di vero e proprio interno di centro campo, mentre l’esterno alto (in questo caso Elmas) si allarga sia per tentare a sua volta allargare la difesa dell’Udinese, sia per dare al compagno un possibile scarico in quella zona del campo qualora ve ne fosse bisogno.

Ed infatti, Olivera si accorge che non può proseguire dritto per dritto perché gli avversari hanno ristretto il campo e serrato ogni possibile spazio di fronte a lui, e quindi appoggia il pallone proprio ad Elmas posizionato, come detto, sulla linea laterale alla sua sinistra.

Elmas (proprio quello che a detta di molti non saprebbe fare nulla bene) riceve la palla sul sinistro, se la sposta sul destro portandola avanti con un paio di tocchi ed accentrandosi in attesa del momento (e del movimento) giusto per crossala in area.

Che nel frattempo è già presidiata da Osimhen, il quale all’improvviso scatta e “chiama” la palla all’altezza dell’area piccola, passando con un apposito contro-movimento dietro al suo diretto marcatore ed andando ad occupare una tipica zona di nessuno, perché per il portiere è difficile intervenire con un’uscita e per il difensore stesso è difficile contenere il centravanti avversario perché ormai ce l’ha già alle sue spalle.

Elmas (sempre quello di cui sopra…) calibra con il destro un cross con traiettoria a rientrare, a scendere ed a cadere proprio in quella zona dove Osimhen lo vuole: è una caramella, più che un cross, al punto che l’attaccante del Napoli di fatto si limita a spizzare il pallone ed a farne proseguire la corsa sul palo più lontano.

Uno a zero, ed ennesimo gol di Osimhen (di testa) che è il prodotto di un tempo ed un movimento di attacco allo spazio perfetto, da attaccante di prim’ordine.

L’azione del secondo gol è addirittura travolgente.

Il Napoli conquista palla sulla sua tre quarti ed inizia la più classica delle manovre di contropiede (di transizione positiva, per dirla come i narratori del calcio contemporaneo).

In particolare, la palla è di Zielinski, che subito la direziona verso Osimhen, il quale è uscito dai blocchi e sta indietreggiando verso la sua tre quarti di campo per dare al compagno questo tipo di passaggio e contribuire così alla costruzione del contropiede.

Non è un dettaglio che l’azione inizi da Zielinski: perché sarà proprio lui che andrà a concluderla settanta metri più in là.

Osimhen riceve la palla e scatta, portandola con sé, verso la direzione opposta a quella da cui proviene il pallone, facendosi inseguire da due difensori dell’Udinese.

A questo punto, dietro di lui inizia a scattare e ad accompagnare l’azione Lozano.

L’attaccante nigeriano lo ha già visto, ma continua a portare il pallone fino a che non “sente” che entrambi gli unici difensori dell’Udinese in quella zona del campo sono impegnati solo a cercare di contrastare lui: a quel punto, con un colpo di tacco lascia praticamente lì il pallone  e continua la sua corsa per portarsi dietro i due difensori avversari.

Lascia, così, la zona di ricezione del pallone di Lozano letteralmente scoperta da avversari, ed infatti l’esterno messicano si impossessa della palla ed inizia a condurla accentrandosi senza praticamente avversari che lo contrastano per almeno quindici metri.

Arrivato in mezzo alla tre quarti dell’Udinese, Lozano ha due soluzioni. a) premiare il movimento di Osimhen, che comunque, proseguendo nella corsa, si è portato al limite dell’area avversaria nella zona di destra per chi attacca e può così ricevere l’imbucata per andare alla conclusione; b) oppure, imbucare nella direzione opposta Zielinski, il quale, dopo un inizio di corsa appena accennato dopo aver passato il pallone ad Osimhen, si accorge che c’è campo da attaccare nell’azione di contropiede che inizia lui stesso ed aumenta i giri della corsa per accompagnarla in modo da dare una possibile opzione offensiva quando arriverà a rimorchio al limite dell’area.

Lozano, giustamente, premia la progressione di Zielinski e gli dà la palla sulla corsa, anche se un po’ indietro rispetto ai passi del polacco.

Zielinski stoppa la palla a mezz’aria con il sinistro, la controlla cambiando piede (con il destro) e praticamente da fermo, oltre che senza possibilità di carico della gamba per il tiro, calcia e la mette sul palo opposto, imprimendo al pallone una parabola a giro ed a scendere.

Due a zero.

Anche l’azione del terzo gol è frutto di una manovra di contropiede da manuale.

Anguissa porta palla velocemente direzionandosi verso la tre quarti avversaria.

Osimhen taglia il campo da sinistra (per chi attacca) verso destra e gli dà, così,  una prima opzione di passaggio filtrante portandosi via in pratica tutta la difesa avversaria, che ha pure da gestirsi la difficoltà di scappare verso la propria porta senza dare le spalle al pallone ed agli avversari.

Con questo movimento, lascia la zona di partenza (sempre quella sinistra per chi attacca) letteralmente libera da presidio di difensori dell’Udinese.

Elmas, ancora una volta con eccellente movimento da esterno del centrocampo a tre, in questo caso da centrocampista box to box, come si diceva un tempo, capisce questo e nell’esatto momento in cui il compagno inizia lo scatto a tagliare il campo verso la parte opposta, scatta in quella zona cosi rimasta libera da avversari e detta quella linea di passaggio ad Anguissa, che subito gli passa il pallone sulla corsa.

Fa, insomma, la stessa cosa che Zielinski aveva fatto nell’altra parte del campo nell’azione del secondo gol, così a testimoniare la simmetricità dei movimenti della squadra azzurra.

Elmas (sempre quello che detta di molti non saprebbe fare nulla bene) a questo punto mostra due doti non comuni, atletiche e tecniche.

Da un lato, compie, coprendo cinquanta metri di campo, uno scatto con falcata da duecentista per dare questa soluzione di gioco al portatore di palla della sua squadra.

Dall’altro lato, riceve e conduce la palla con maestria notevole.

In particolare, riceve il pallone con il sinistro orientandolo sulla direzione di corsa puntando la porta, poi con un altro tocco continua la corsa puntando il difensore che sta andando a chiuderlo e, quando questo gli è davanti per chiudergli lo specchio della porta, finta di tirare con il sinistro ma invece si riporta il pallone sul piede destro.

Lo fa, però, quasi in modo da arrestare la corsa e quasi perdendolo.

A questo punto, lo accarezza con la suola per riposizionarselo per il tiro, che esegue con gesto quasi da calcettista, e cioè senza caricare la gamba, quasi da fermo sulla posizione così da rubare il tempo al portiere avversario.

Tiro, gol, tre a zero.

Non male per un calciatore da tanti ritenuto inutile: progressione inarrestabile a coprire settanta metri di campo per andare a rete, palla ricevuta e condotta con entrambi i piedi senza mai concedere un metro di recupero agli avversari che lo inseguono, lucidità in fase di conclusione nonostante fosse sotto sforzo per la stessa progressione, dribbling in area sull’uomo in chiusura andando nella direzione opposta per prenderlo contro tempo, tiro effettuato con ultimo controllo e velocità tale da non far nemmeno muovere il portiere avversario.

Degna conclusione, questa, di una prima fase della stagione in cui si pensava che la squadra fosse un calesse, ed invece sta riscoprendosi amore.

Tutto eccezionale, tranne l’atteggiamento dell’ultimo quarto d’ora del primo tempo.

Non un dettaglio, però: perché sempre come disse quel vecchio saggio, se vuoi vincere “puoi quasi permetterti di sbagliare giocata, ma mai l’atteggiamento”.

Buoni mondiali, a chiunque li veda !!

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