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Spalletti in versione McEnroe, alla continua ricerca di avversari

L’allenatore è inspiegabilmente agitato, sempre polemico (dallo scorso anno al turn over, alla rosa), in netta controtendenza con i risultati del Napoli e quindi del suo lavoro

Spalletti in versione McEnroe, alla continua ricerca di avversari
1981 archivio Image / Sport / Tennis / John McEnroe / foto Imago/Image

Luciano Spalletti è più John McEnroe che José Mourinho. È più “you cannot be serious” che “mi piace il rumore dei nemici”. Sembra alla perenne ricerca di avversari, come se ne avesse bisogno. In questo somiglia terribilmente al genio della racchetta che deliziò il pubblico tra gli anni 70 e 80. Ma che era conosciuto da tutti – anche da chi il tennis non lo seguiva – per le sue scenate in campo. Mac sembrava che avesse fisicamente e mentalmente bisogno di qualcuno con cui litigare. Forse lo aiutava a non pensare troppo a sé stesso e al gioco. McEnroe giocava più partite contemporaneamente, la più semplice era quella contro il signore che se ne stava dall’altra parte della rete con una racchetta in mano.

Spalletti, in questo inizio di stagione napoletano, gli somiglia terribilmente. I romanisti, quelli che non lo amano, ci avevano avvisati. “Vedrete, aspettate e vedrete”. E ora se la riderebbero se non avessero da pensare a Udinese, Ludogorets e allo scudetto d’agosto che è sempre il più illusorio. Quel che si fatica a comprendere è la genesi del nervosismo dell’allenatore toscano. Che al momento è primo in Serie A, è reduce dalla travolgente vittoria contro il Liverpool e può contare su una rosa che possiamo definire importante.

Eppure Spalletti è in lotta contro avversari non sempre visibili. È evidente che non ha digerito la contestazione dello scorso anno, più in generale la connotazione negativa che ha marchiato la stagione finita col terzo posto. Il Napoli è tornato in Champions dopo due anni di assenza, ha disputato un campionato ben al di sopra delle aspettative, ha lottato per il primo posto fino a poche giornate termine. Eppure è diventata la stagione dello scudetto perduto con tanto di contestazione con pietre e uova. E, non va dimenticato, all’epoca Luciano non si sentì certo protetto dalla società che lo lasciò in balia delle onde (ci fu anche il ritiro post-Empoli prima annunciato poi ritrattato).

Spalletti, appena può, ne parla. Lo ha fatto anche nella conferenza dopo il Liverpool quando disse: «Una serata del genere è stata possibile grazie al terzo posto dello scorso anno». Che voi avete minimizzato non lo disse letteralmente ma il senso era quello. Sul punto ci siamo espressi più volte, Spalletti a nostro avviso ha ragione. Ma non si capisce perché ci ritorni con questa insistenza.

Così come torna sulle critiche che seguirono a Napoli-Barcellona 2-4. Ne ha già parlato due volte. Nell’intervista a Dazn a Diletta Leotta quando disse che gli era piaciuta più quella partita che non l’andata quando il Napoli pareggiò 1-1 al Camp Nou. Venerdì in conferenza ne ha parlato di nuovo (senza una domanda specifica peraltro) per ribadire che quella partita fu affrontata con gli stessi principi di gioco adottati contro il Liverpool. Solo che col Barcellona perse e venne massacrato, col Liverpool ha vinto ed è stato osannato. Il che a noi sembra di una banalità sconcertante. Senza risultato non esisterebbe lo sport. E francamente facciamo molta fatica a paragonare le due partite. Lì si avvertì un senso di impotenza del Napoli che stentava a uscire palla a terra dalla propria area. Col Liverpool il Napoli ha dominato. E, aggiungiamo, è stata una serata storica sia per il club sia per Spalletti: entrambi hanno portato a casa una delle vittorie più importanti della propria storia. Perché non godersela?

L’altro tema è il valore della rosa. Prima della Lazio in conferenza dichiarò: “volete che vi faccia lo schemino di chi è arrivato e di chi è partito?” sottintendendo un indebolimento dell’organico. Il paradosso è che Spalletti ha finito con l’esprimersi come la gran parte dei tifosi che quest’estate criticavano sia lui sia De Laurentiis. Ora i tifosi hanno cambiato idea, lui pare di no. Probabilmente fa il pompiere. Sa che verranno tempi difficili. Certo nessuno gli ha chiesto lo scudetto anche se, va detto, neanche lo scorso anno gli fu richiesto e poi andò come andò. Venerdì, prima di Spezia-Napoli, ha definito il quarto posto obiettivo prestigioso. Insistendo di fatto sul concetto dell’indebolimento dell’organico.

E poi l’argomento turn over storicamente terreno di tutte le critiche. Spalletti oggi ha affermato che questo accade solo a Napoli e tra i criticoni per le scelte ha inserito di sua sponte Aurelio De Laurentiis che evidentemente non ha gradito le scelte di formazione di Napoli-Lecce. Non crediamo che accada solo a Napoli. Certamente qui è sempre accaduto. Benitez lo fecero martire. Sarri era un beato anche perché con lui giocavano sempre gli stessi. Ma francamente uno come Spalletti, che sta nel calcio da sempre e allena da trent’anni, non dovrebbe meravigliarsi delle polemiche per la formazione. È come meravigliarsi che il mare è bagnato.

Annotiamo che dopo quella partita è circolata la notizia di una telefonata perlustrativa di De Laurentiis a De Zerbi. Così come non è passato inosservato l’esonero di Tedesco al Lipsia. Però siamo seri: oggi mettere in discussione Spalletti è francamente lunare. De Laurentiis ha tanti difetti ma, al netto di qualche errore pure clamoroso, è lontano anni luce dalle gestioni alla Zamparini. Oggi Spalletti è l’allenatore più elogiato della Serie A (e non solo). Meritatamente, aggiungiamo.

Magari Spalletti è come McEnroe, si comporta così perché rende meglio. A noi sembra una inutile dispersione di energia né pensiamo che sia abile a fare giochini come Mourinho (i celebri mind games). Quel che è sotto gli occhi di tutti, è che il Napoli è forte e va forte. Spalletti, come sempre, sta facendo un lavoro importante: sul gruppo e sui singoli. Non è detto che il clima frizzantino sia un male. L’animosità può far rendere meglio. Però ci chiediamo: se il clima è questo, oggi che si naviga col vento in poppa, cos’accadrà quando il mare diventerà agitato e il Napoli vivrà momenti di difficoltà? Per ora la squadra gira che è un piacere e la società tace. Sì a fine anno Spalletti dovrebbe lasciare (a meno che il Napoli non eserciti un’opzione per il terzo anno) ma c’è un’intera stagione da vivere. Ci sembra strano aver raggiunto questi livelli di tensione già agli inizi di settembre. A questi ritmi rischia di diventare faticoso arrivare fino a maggio. A meno che non si è come McEnroe, lui ha fatto così per tutta la sua carriera. E non gli è minimamente pesato. Anzi, non avrebbe potuto vivere diversamente.

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