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C’era una volta “Lamentarsi è da sfigati”, Spalletti la pensa come i tifosi che lo criticano

Parla del Napoli dell’anno scorso come del paltò di Napoleone. Elogia la capacità di reazione dei vecchi come se non avessimo perso lo scudetto

C’era una volta “Lamentarsi è da sfigati”, Spalletti la pensa come i tifosi che lo criticano
Db Verona 13/03/2022 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Siamo al 2 settembre e l’atmosfera sembra già tesa nel Napoli. Luciano Spalletti ha ormai abbandonato il claim dello scorso anno “lamentarsi è da sfigati” e ancora una volta torna sulla differenza tra il Napoli 21-22 e quello 22-23. Anche con frasi piuttosto eclatanti: «Li avete visti i calciatori che sono partiti e quelli che sono arrivati? Li avete visti bene?». Anche se si è dichiarato pienamente soddisfatto del mercato. Proprio lui che non si era sottratto alle domande su Ronaldo e che sul portiere si era espresso fin troppo chiaramente.

Ha chiesto tempo, lo aveva già fatto. Ha ragione ma potrebbe essere più chiaro su quale sia per lui il valore di questa rosa. Ha mostrato una certa – fisiologica – intolleranza alle critiche, anche se se l’è cavata piuttosto bene dal punto di vista dialettico.

Continuiamo a pensare che l’assurda contestazione dello scorso anno con pietre e uova dopo la sconfitta a Empoli, abbia lasciato il segno. Non a caso ne parlò in una precedente conferenza. Si sente pressione, è evidente. E da un lato è ovvio: allenare il Napoli vuol dire essere sotto pressione. Dall’altro si avverte una discreta agitazione.

Però, ci consenta, dire che lo scorso anno la squadra reagì ai mezzi passi falsi è anche un po’ distorcere la realtà. Avvenne a Roma contro la Lazio, è vero, dopo due pareggi con Inter e Cagliari. Volendo anche a Torino con la Juve ma dopo i ko casalinghi con Spezia e Empoli (inframmezzati dal successo a San Siro col Milan) Ma quel gruppo crollò nel momento clou della lotta scudetto, come peraltro è sempre avvenuto nel corso dei dieci anni precedenti. Spalletti ne parla o allude come se fosse stato un gruppo di vincenti. Non è così. Magari più forti di quelli di adesso ma certamente non vincenti. Però ne parla come se fosse il paltò di Napoleone che Totò soppesa in «Miseria e nobiltà”.

E a proposito del mercato, a nostro avviso la vera pedina che il Napoli non ha sostituito è Fabian. Ha preso un giocatore, Ndombele, che sembra avere caratteristiche diverse dallo spagnolo. Giocatore che oggi, giustamente, Spalletti ha difeso in conferenza.

Non abbiamo condiviso una decina di giorni fa il suo discorso sull’esperienza (che poi è quel che dicono i tifosi che lo contestano), non condividiamo oggi questo suo rimarcare la differenza di valori tra le rose. Avremmo condiviso qualche parola in dissonanza dal mercato, ma ovviamente non può dire niente. Non tanto per il mercato fatto (che è buono), quanto per quello che non si è concretizzato. Il Napoli ora smentisce tutto su Ronaldo così come a lungo provò a smentire ogni cosa su Ibrahimovic prima che Zlatan ne parlasse nel suo libro. Il mercato del Napoli è mancato nel finale. È inutile girarci attorno. E sì, probabilmente lo stipendio di Ronaldo al 50% è troppo per il club. Ma per meno di così si sarebbe configurata la truffa. La vita è fatta anche di scelte.

Tornando alla conferenza, l’aspetto singolare, lo ripetiamo, è che Spalletti parla come i tifosi che lo contestano. Dopodiché, come ha più volte detto oggi, il calcio vero è quello sul campo. Quindi se ne riparla domani sera. Non possiamo non chiudere osservando che onestamente a noi non farebbe piacere se l’allenatore sottolineasse che i predecessori erano più forti. Al di là del fatto che si condivida o no (e noi siamo certamente per il no) il concetto espresso.

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