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I club pesci pilota (Napoli, Lecce) fanno il calciomercato anche grazie alle storture del capitalismo

Da Navas a Umtiti. I grandi club strapagano i calciatori, ne comprano talmente tanti che poi non sanno che farsene. E li pagano per giocare altrove

I club pesci pilota (Napoli, Lecce) fanno il calciomercato anche grazie alle storture del capitalismo
Db Barcellona (Spagna) 04/04/2018 - Champions League / Barcellona-Roma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Samuel Umtiti

Naucrates ductor. È il nome scientifico dei pesci pilota. Quegli animaletti che sono simbiotici compagni di viaggio degli squali. Gli spicciano bocca, per usare il gergo romanesco. Si nutrono dei residui di cibo rimasti tra i denti, dei parassiti, degli avanzi di cibo e anche degli escrementi degli squali. Forniscono quello che viene definito un “servizio” di pulizia.

È quel che sta avvenendo in questo calciomercato, e non solo in questo. Ultimamente il fenomeno sta dilagando. La Superlega è di fatto una realtà e la disparità economico-finanziaria tra i club è ogni anno più ampia. Senza voler addentrarci in un’analisi marxista, non diciamo nulla di sconvolgente nel sottolineare che il calcio è un esempio lampante delle storture del capitalismo anche perché si sviluppa in assenza totale di regole. Il calcio non è come l’Nba. Regole non ce ne sono. Fatta eccezione per l’invenzione del fair play finanziario strumento molto blando e utilizzato a intermittenza a seconda delle convenienze politiche. Di

Non ci si siede al tavolo con le stesse fiches. E quindi il pesce grande giocoforza mangia il pesce piccolo. Ormai anche la Champions League è una competizione che, tranne rare eccezioni, fino ai quarti di finale annoia. Ci sono sei-sette club che spadroneggiano e il resto delle squadre recitano più o meno dignitosamente il ruolo di comparsa. Partecipano a una competizione sapendo di non poter essere competitivi.

Il punto è che l’avidità dei club più ricchi va spesso a braccetto con l’incompetenza dei dirigenti e finisce per provocare forti bruciori di stomaco. È a questo punto che entrano in gioco i pesci pilota. Che cominciano a girare tra le fauci dei giganti in cerca di residui interessanti. Con questo metodo il Napoli ha portato a casa Ndombele e probabilmente Keylor Navas. Lo scorso anno Anguissa. L’oscar di pesce pilota, se le voci dovessero essere confermate, spetterebbe al Lecce di Pantaleo Corvino che sta provando a portare in Salento Umtiti difensore centrale francese che da sei stagioni è al Barcellona.

I pescecani del calcio sono voraci, inghiottono di tutto e non badano a spese. Spesso lo fanno senza seguire una linea politica, cambiano direzione assecondando i desiderata degli allenatori che via via si succedono in panchina. E finiscono con l’accumulare materiale umano per tre squadre. Ma poiché sempre in undici si gioca, a un certo punto nemmeno loro sono in grado di reggere. Soprattutto dopo due anni di Covid. Hanno troppi calciatori, pagati a peso d’oro e con ingaggi monstre, e non sanno che cosa farsene. E allora pur di risparmiare anche un paio di milioni di euro, li danno in prestito e continuano a pagare loro gran parte dell’ingaggio. Per farli giocare altrove: nelle squadre naucrates ductor appunto.

I calciatori più intelligenti sono riusciti a salpare per le Americhe dove hanno strappato ingaggi importanti. Tra questi ai primi posti per senso della realtà va posizionato Lorenzo Insigne che ha mostrato “orientamento” per dirla come il professore di Vesuviano del film di Tornatore. Probabilmente ben consigliato, Insigne ha visto prima di molti altri la recessione del calcio europeo e ha firmato un contratto da superstar al Toronto. Dove lo hanno seguito Bernardeschi (mai visto così felice) e Criscito. Oltre a Chiellini. Senza dimenticare Bale e quelli come Higuain che giocano lì già da un po’. E tanti altri arriveranno.

I calciatori meno attenti a cogliere le trasformazioni economiche del sistema calcio, sono invece rimasti impantanati. Fin quando avranno un contratto, avranno lo stipendio garantito. E quando allontanati dalla casa madre, trovano rifugio nelle succursali. Poi, però, arriverà anche per loro il momento di fare i conti con la realtà. Com’è accaduto quest’estate a Dybala. La vita dei parametri zero non è più quella immaginata da Mino Raiola.

Quello del calcio è un sistema che in assenza di regole difficilmente troverà dei correttivi. Si lamenta solo chi ha meno soldi: è la legge della vita. Chi oggi critica l’operazione Casemiro (85 milioni più 25 lordi di stipendio a stagione), tre anni fa elogiava l’acquisto di Ronaldo da parte della Juventus. Non c’è una seria volontà di rendere il calcio uno sport più equo, in cui più club possano avere possibilità di vincere. Difficilmente qualcosa cambierà, come ha dimostrato il Barcellona di quest’estate che continua a ballare sull’orlo della bancarotta eppure chiude una campagna acquisti da urlo. E fin quando sarà così, l’abilità dei club di seconda e terza fascia sarà misurata in base alla capacità di fare pulizia tra i denti degli squali.

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