La Stampa: la vicenda Bakayoko è profilazione sociale più che etnica. Aldrovandi era bianco

Bottura: il problema è culturale. Se Bakayoko avesse militato, chessò, nella Ternana, sarebbe stato congedato con qualche scusa in meno

bakayoko

Su La Stampa Luca Bottura commenta quanto accaduto al giocatore del Milan, Bakayoko, fermato a Milano da una volante della polizia con gli agenti che gli hanno puntato addosso una pistola per la perquisizione, salvo poi accorgersi che si trattava di uno scambio di persona. La vicenda è stata ripresa da un cellulare di un automobilista e il video ha fatto il giro del web, scatenando le polemiche. E’ intervenuta anche Amnesty International, che ha dichiarato:

«Le immagini fanno pensare a una profilazione etnica. Una pratica discriminatoria che su una persona non famosa avrebbe potuto avere conseguenze gravi».

Bottura ricostruisce quanto si vede nel video. Un agente perquisisce il calciatore, mentre una collega tiene la pistola puntata contro l’uomo che è in auto insieme a lui. Dopo qualche minuto, dalla volante della polizia scende un terzo agente

“il quale comunica ai colleghi che stanno verosimilmente ballando il flamenco su una deiezione canina – grossa, pure quella – dacché il ragazzone è un giocatore francese dell’Ac Milan e si chiama Tiémoué Bakayoko. Il perquisitore cambia a sua volta colore (schiarisce di colpo), abbassa il braccio che teneva sul collo del presunto reprobo, gli tira un’amichevole pacca sulla schiena”.

Bottura interpreta i pensieri dell’agente che ha fermato il calciatore. Scrive:

“negli Usa staremmo probabilmente piangendo un talento del football silenziato nel sangue. Eppure… Eppure in quella clip mi è parso di udire distintamente i pensieri dell’agente sfortunato: «Oddio, adesso che cazzo mi succede?». Se Bakayoko avesse militato, chessò, nella Ternana, sarebbe stato congedato con qualche scusa in meno. Ma tanto è bastato perché l’operazione venisse sospesa all’istante. Voglio dire: ma se il giocatore o il suo amico fossero stati davvero pistoleri? Negli anni Settanta pure il proprietario del Monza, per dire, si faceva fotografare con una Beretta sul tavolo”.

Più che di profilazione etnica, conclude, quello di Bakayoko è “un tipico caso di profilazione sociale”.

“Questo perché Federico Aldrovandi, di cui ieri ricorreva l’uccisione da parte di quattro agenti, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, tutta la nutrita pattuglia dei Tso finiti male, non erano neri ma attenevano a una categoria precisa: i sincopati. Quelli capitati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nelle mani, soprattutto, di chi non sapeva come trattarli con congruità. O forse non ne aveva alcuna intenzione. Il problema è dunque culturale. Quella vecchia e inaudita teoria che i cittadini sono uguali e come tali andrebbero trattati. Possibilmente con più perizia. Senza spianare le pistole quando magari non è necessario, senza ritrarle di scatto perché il tizio perquisito è in prestito dal Chelsea. Dal “tu” indiscriminato agli stranieri, agli abusi veri, è tutta discesa. E quando qualcuno formerà a tappeto i controllori, sarà sempre troppo tardi”.

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