A Sportweek: «Tanti paragonano il padel al tennis, invece è molto vicino al calcio. I più bravi? Fiore, Candela, Totti, Tomas Locatelli, Panucci e Cambiasso»
Sportweek intervista Demetrio Albertini. E’ stato uno dei primi a dilettarsi con il padel, e ad investirci anche dei soldi.
«Nel 2003, quando giocavo nell’Atletico, fuori da un albergo di Madrid vidi un centro sportivo con dieci campi con le sponde. Mai visto niente di simile. Ma la cosa neanche m’incuriosì. Mi dissi: questi hanno la pelota, sarà un altro loro gioco tradizionale. Due anni dopo, stavolta ai tempi del Barcellona, rivedo gente che ci gioca e da lì qualcosa mi si smuove. Morale: la mia prima partita è del 2008, ma all’epoca lo praticavamo, sbagliando, con le tecniche del tennis. Nessuno ci aveva spiegato come fare».
Ha il patentino da istruttore, ma non insegna. Ha investito in diversi campi di padel con Casiraghi e Lorenzo Alfieri. Racconta lo sport.
«Tanti, parlando del padel, lo abbinano al tennis o squash, invece è molto più vicino al calcio di qualsiasi altro sport. Perché tutti i movimenti, a livello fisico o dinamico, come mi ha confermato un amico laureato in Scienze motorie, sono simili. Non c’è uno sport in cui ti passa sopra la palla, ti giri in modo coordinato, poi vai avanti… È per quello che i calciatori sono più predisposti. E poi ci sono i ruoli: chi gioca a destra è più difensore, chi a sinistra è attaccante. E c’è la tattica: mentre il tennis, tranne tra i professionisti, si gioca su punti brevi, qui ai nostri livelli si può arrivare a un minuto, e quindi serve una tattica».
Indica quali, tra i suoi ex colleghi, sono i più bravi.
«Stefano Fiore, Candela, Totti, Tomas Locatelli, Panucci e il Cuchu Cambiasso».
Dal calcio al padel gli atleti, in campo, non cambiano, racconta. Tranne uno.
«Antonio Cassano. Con la racchetta ha una regolarità incredibile, è un faticatore eccezionale. Quindi non solo il talento (come quando giocava): in campo è un computer».
I più rosiconi?
«Ah, tutti. Tutti. Soprattutto io, Panucci e Di Biagio».
Ma lei sembra sempre così pacato.
«No, io m’inc…zo tremendamente con la racchetta in mano. E poi io sono uno di quelli che rompe più le palle, preparo prima la partita, metto più pressione psicologica mandando messaggini “intimidatori” anche tre giorni prima. Ma devo specificare un’altra cosa: ormai i milanesi hanno raggiunto i romani. A Roma hanno iniziato prima, il padel lì si pratica da più tempo fino a due anni fa erano più bravi. Adesso non più. A Tolcinasco, nell’impianto di Alessandro Budel e Nick Amoruso, altri due di noi, abbiamo vinto io e Locatelli contro Fiore e Di Biagio. Immagini la rosicata…».