Eto’o: «L’Italia è il paese meno razzista d’Europa, sporcato dalle minoranze da stadio»
A La Repubblica: «Basta dipingere gli africani solo come povera gente, condannata da un destino disegnato da altri. In Africa abbiamo tanti talenti»

Db Milano 23/09/2019 - The Best FIFA Football Awards / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Samuel Eto'o
La Repubblica intervista Samuel Eto’o. Ha conquistato due triplete da giocatore con Barcellona e Inter. È il presidente della Federcalcio del Camerun.
«Ho vissuto e fatto esperienze e credo nella multiculturalità. Lo sport è bello perché ha un ruolo per tutti, e i veri SuperEroi sono quelli che danno esempi di inclusione e di integrazione. Non è che a me il verso della scimmia negli stadi non l’hanno fatto, e ho avuto problemi anche in strada. Però vi dico che l’Italia è il Paese meno razzista d’Europa e forse anche il meno ipocrita. La mia famiglia è rimasta a vivere a Milano, mia moglie ci si trova bene, quelle nello stadio sono minoranze, sporcano l’immagine del Paese, non minimizzo, vanno perseguite, anzi mi chiedo come mai non si sia riusciti a debellare certe brutte manifestazioni. In Inghilterra ce l’hanno fatta. E non parlo solo di punizioni. Bisogna iniziare dai bambini che sono vittime innocenti, e non mollare mai la presa, perché poi gli
adolescenti tornano a casa e sentono i grandi fare certi discorsi».
Sul razzismo:
«Io credo che il razzismo vada dibattuto, non ignorato. Meglio dire c’è, è orribile, ma parliamone, senza fare finta di niente. Su che cosa si basa? Su uno sfruttamento anche economico. Prendiamone coscienza».
Si lamenta del racconto sportivo che viene fatto circa gli africani.
«Dovrebbe anche cambiare il racconto sportivo che fate del nostro continente. Non siamo solo povera gente, condannata da un destino disegnato da altri, ma abbiamo un’eccellenza tecnica: Joel Embiid, stella Nba, dei Philadelphia 76ers, è camerunese, e anche se si è appena fatto male è stato uno dei migliori giocatori del campionato, il ciclista eritreo Biniam Girmay ha vinto la Gand-Wevelgem, primo corridore africano a conquistare una grande classica. Siamo bravi, non solo poveri».
Lo sport ha subito solidarizzato con l’Ucraina.
«Bene. Le guerre sono brutte. In Africa ce ne sono tutti i giorni e si conoscono i nomi di chi le fa, ma sembra non importare a nessuno. Però chi scappa dai conflitti africani non è ben accolto o forse non è abbastanza vittima? Eppure l’Europa prende il nostro gas, i nostri diamanti, i nostri prodotti. Lo sport ha una voce forte, sa farsi ascoltare, andare oltre i pregiudizi. Deve sempre accogliere, non allontanare. A Wimbledon sarebbe stato bello far giocare in doppio ucraini e russi insieme per poter dimostrare che la convivenza su questa terra è possibile. Soprattutto se giochiamo insieme, senza costruire false superiorità. Dobbiamo provarci».