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In Italia a 34 anni sei un ragazzo. Il caso dell’arbitro Sozza ci ricorda quanto siamo indietro

In Spagna Rubiales è diventato presidente della federazione a 40 anni. Da noi, il 70enne Gravina ci spiega come svecchiare il sistema

In Italia a 34 anni sei un ragazzo. Il caso dell’arbitro Sozza ci ricorda quanto siamo indietro
Mg Bergamo 28/02/2022 - campionato di calcio serie A / Atalanta-Sampdoria / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Simone Sozza

Di Simone Sozza sappiamo che ha 34 anni, è un arbitro della sezione di Seregno, bassa Brianza a soli 25 chilometri da Milano, 11 da Monza e 6 da Lissone. I giornali in Italia sanno usare Google Maps. È leone, ascendente non pervenuto. Dirigerà Inter-Roma, 70.000 spettatori a San Siro, con Mourinho a bordo campo. Qualche giorno fa, evidentemente satollo di troppe autopsie arbitrali, qualche sprovveduto commentatore della Serie A aveva lanciato la provocazione: e se non parlassimo di arbitri fino alla fine del campionato? Un esperimento. Fallito in premessa. Oggi, lì fuori, dove prima era tutta un’edicola e adesso impera Twitter, c’è solo Simone Sozza. “Il ragazzo”.

Che nel calcio italiano – un sistema allo stato brado, medievale – Sozza assegnato a Inter-Roma sia una notizia è comprensibile. Lo è per contesto. È giovane, è pressoché milanese. È una designazione con un quoziente di difficoltà 10. Audace, quasi disperata. Che “mette a rischio fegato e pressione”, scrive Zazzaroni che sul Corriere dello Sport gli fa un in bocca al lupo: “se è un arbitro con le palle, uscirà indenne e migliorato anche da Inter-Roma; se non le ha, se non è in grado di affrontare pressioni di questo genere, non diventerà mai un grande arbitro”.

Il Messaggero e la Gazzetta dedicano una pagina a Sozza. Che “ha solo 11 gare di A e un solo big match nel curriculum”. “Corre il rischio di bruciarsi”, è “una scelta poco opportuna” anche se “è ritenuto uno dei direttori di gara più promettenti della nuova generazione”.

Sono tutti preoccupati per il piccolo Sozza che nella vita farebbe l’avvocato e non si capisce come: a 34 anni, da noi, hai appena scavallato l’adolescenza. Non sei pronto mica per il mondo adulto, che in Italia è tradotto dal calcio meglio che altrove: intere generazioni di talenti vessati dal principio gerontocratico per cui devi rispettare una trafila di nonnismo prima di esplodere.

Vale, vieppiù, per gli arbitri. Che per ruolo devono gestire le isterie dei calciatori – imberbi e non – degli allenatori, di qualche dirigente che pur attempato sfonda porte e stanzini per dire la sua a fine partita. Sozza a 34 anni è un archetipo, un embrione di quel che il calcio vorrebbe essere, un’illusione.

Chi segue i tumulti del calcio spagnolo sa che Luis Rubiales, presidente della Federcalcio, ha 44 anni. È presidente già da quattro anni. E’ nato nel 1977. In Italia tocca sorbirci i sermoni di Gabriele Gravina, leva 1953, che arringa sulla necessità di svecchiare il sistema.

Alla lista delle dolenze va aggiunta la discriminazione territoriale. Che in Italia è una tradizione retorica: siamo cresciuti cantilenando le terne arbitrali in funzione della provenienza geografica, anzi della “sezione”. Un paravento del campanilismo deteriore, col pregiudizio annesso: sei di Milano? Non puoi arbitrare Inter e Milan. Sei di Napoli? Niente Napoli. E se sei di Seregno? Beh, il Monza no. Evitiamo. L’Inter sì, così le romane te se magnano.

Il “caso Sozza” è figlio (già maturo) di questo pruriginoso modo d’intendere il professionismo: ne discutiamo i massimi sistemi e nel frattempo ci arrovelliamo in beghe da tinello. E funziona, per chi volesse coglierne una morale, a tradimento: ci rinfaccia la nostra inabilità a rompere davvero con gli schemi che critichiamo. Da quarantenni, cinquantenni, sessantenni che, all’età che una volta avevano i nostri genitori o i nostri nonni, si rinfacciano le peggio cose sui social come i nipoti.

Nel frattempo il calcio italiano blandisce ancora una volta la sua inettitudine, incoraggia il vittimismo per interposta generazione, quasi se ne compiace. Metti un giovane milanese ad arbitrare una milanese contro una romana… è un reality che si scrive da solo.

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