A Sette: «Mia madre mi chiama Grace Kelly per come sono dolce. Accompagno i figli a scuola, al catechismo, piango davanti a un film, amo mettere i tacchi e un abito femminile».

Sette intervista il sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali, ex schermitrice oggi votata alla politica.
«Mi chiamavano Cobra perché sapevo attendere il momento giusto per colpire; Mangusta perché è l’unico animale che mangia il cobra; Killer perché non do tregua… Erano soprannomi sulle tecniche di duello».
La Vezzali che non ti aspetti, che racconta la sua sfera privata:
«Il lavoro è il lavoro, ma nella vita privata mia madre mi chiama Grace Kelly per come sono dolce. Accompagno i figli a scuola, al catechismo, piango davanti a un film, amo mettere i tacchi e un abito femminile».
Racconta gli equilibri sottili tra il lavoro e i figli, a partire dal 2013, quando fu deputata con Mario Monti: era incinta del secondo figlio. Dopo 83 giorni dal parto vinse l’oro ai Mondiali di Budapest.
«All’epoca, stavo tre giorni a Roma, magari finivo in aula alle tre di notte, salivo in macchina e arrivavo a Jesi all’alba, mi allenavo per Rio 2016, avevo le gare nei weekend, stavo coi due figli giusto un giorno e mezzo. Già quando era nato Pietro nel 2005, inventai i 400 metri in passeggino: io mi allenavo, mamma lo portava a spasso e, al momento giusto, me lo dava per allattarlo. Avevo chiesto al pediatra se allenandomi toglievo tempo al bambino. Mi rispose: i figli sentono se la mamma è felice, se stai bene, lui sta bene. E questa, oggi che continuo a fare su e giù con Roma, resta la mia filosofia. Poi, conta la qualità del tempo insieme non la quantità».
Anche con il primogenito aveva vinto un oro ai Mondiali subito dopo il parto.
«Il piccolo venne Lipsia con me e mia madre, ma il Commissario tecnico mi vietò di dormire con lui e io, la notte, scappavo dal ritiro per raggiungerlo. Vinto l’oro, però, ebbi il permesso di tenerlo nel dormitorio. Pensi che, prima che partorissi, le atlete mamme venivano depennate dalla Federazione, ma io volevo dimostrare che si può essere madri e vincere e, ora, le mie colleghe in maternità hanno l’indennità di allenamento e il congelamento del ranking. Se ho un obiettivo, ce la metto tutta per vincere».
Come fa a conciliare gli impegni pubblici con quelli privati?
«Dedico ai figli tutto il tempo libero. Dal 2017, sono anche una mamma separata».
Ad aiutarla è soprattutto sua madre:
«Devo tutto a mia madre che sta coi ragazzi quando sono via: è il mio modello, papà è morto che avevo 15 anni e lei ha tirato su tre figlie. Senza di lei non ce la farei, le voglio bene».
Sensi di colpa verso i figli ne ha? Le chiedono.
«Sono una donna che non si tira indietro davanti alle sfide e spero che questo sia da stimolo per loro, per andare verso ciò che li rende felici. Mi auguro, un giorno, di sentirmi dire: mamma, sono orgoglioso di essere tuo figlio. Loro sono proprio gli occhi attraverso i quali vedo il mondo».
E poi la chiusura, sui due figli. Piero e Andrea, a pensare ai quali la Vezzali si commuove.
«Pietro ha 16 anni e ha sofferto. Prima del lockdown, aveva ripreso la scherma, era bravissimo e miravamo al Mondiale. Poi, con la pandemia crolla tutto e lui si chiude in stesso. Dormiva sempre, seguiva la Dad al buio, era ingrassato di 30 chili. Ma ora sta reagendo, si è messo a dieta, va a scherma, ha voti alti a scuola. Andrea ha un carattere più forte, vuole sempre arrivare primo, fa atletica, calcio. Mi manda video buffi quando fa gol».