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Insigne e la nuova frontiera della discriminazione: non si può augurare a qualcuno di uscire di galera

Lorenzo non deve scusarsi di nulla. In Italia invece augurare la galera aiuta le conversazioni di alto profilo nei salotti e consente di scrivere e pubblicare libri di successo

Insigne e la nuova frontiera della discriminazione: non si può augurare a qualcuno di uscire di galera

Ci siamo risvegliati, qualche giorno fa, oltre una nuova frontiera di discriminazione – o forse semplicemente ha fatto capolino una di quelle antiche, ma confezionate in salsa postmoderna: in Italia non si può augurare, ad un carcerato, di uscire presto di galera. Se accade, le istituzioni se la prendono discretamente a male.

Di più: in Italia è disdicevole conoscere un carcerato. O un lontano parente di un detenuto. Augurare la galera, quello no: aiuta le conversazioni di alto profilo nei salotti importanti e consente di scrivere e pubblicare libri di successo. Non è importante indagare su identità e storie personali dei singoli nella fattispecie: il buon costume prevede che un calciatore di Serie A tagli i rapporti con chiunque abbia la fedina penale sporca, fossero anche reati amministrativi o cartelle esattoriali arretrate da pagare.

Ci pensa poi il contorno moralista mediatico ad aggiungere quel filo di mediocre ironia cui il paese è ormai assuefatto: “Si rivolgeva ad un malato di Covid”. Il cantuccio creato dal virus è un angolo di ristoro straordinario per i meno talentuosi.

La vicenda dovrebbe farci vergognare per il tipo di esseri umani che siamo diventati. Per lo stato di fetida e paludosa stagnazione in cui abbiamo gettato tutti i nostri principi.

Diamo di volta in volta la responsabilità ai vari attori del mondo circostante ma la realtà sta più nell’orrendo moralismo da uomini e donne bonarie – ignoranti come muli pervicaci – che non temono più di parlare. Abbiamo perso completamente il timore delle parole. Le chiese erano  monumenti alla morte di dio – secondo un vecchio filosofo. I social sono il monumento alla morte del timore di dire una fesseria.

Vorrei dire a Lorenzo Insigne che, non so se quel messaggio fosse per un amico, un conoscente o una richiesta di un semplice avventore, ma non c’è nulla di cui debba scusarsi con chicchessia. In una comunità che non abbia smarrito completamente il senso minimo dell’essere umani, la galera è un luogo che racchiude tutte le nostre sconfitte. Un buon capitano fa bene a tentare di alleviare anche parte di esse.

E chi non lo capisce, se ne sente banalmente al di sopra o solamente non lo ha studiato, è un “cinghiale laureato in matematica pura”. Ai grugniti non è necessario prestare orecchio.

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