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Verde: «Giocare a calcio per strada, a Napoli, era magia. Dribblavamo le macchine, sfondavamo tutto» 

Il centrocampista dello Spezia alla Gazzetta: «Negli spogliatoi faccio sparire vestiti e scarpe che non si possono vedere, i miei compagni hanno gusti pessimi».

Verde: «Giocare a calcio per strada, a Napoli, era magia. Dribblavamo le macchine, sfondavamo tutto» 

La Gazzetta dello Sport intervista Daniele Verde, centrocampista dello Spezia. Nato a Napoli, è cresciuto nel settore giovanile della Roma, con cui ha esordito in Serie A nel 2015. Ha giocato con Frosinone, Pescara, Avellino,
Verona, Valladolid (Spa) e Aek Atene (Gre) prima di approdare in Liguria.

Si definisce:

«Io sono un tamarro napoletano».

Dice di trovarsi bene a La Spezia, di aver riscoperto «la felicità, gioco con lo spirito di quando ero bambino».

Fu Bruno Conti a scoprirlo:

«Una persona eccezionale. Mi vide giocare nel mio quartiere di Napoli, Rione Traiano. E poi mi portò a Trigoria. Era la realizzazione di un sogno».

Durante il lockdown, mentre si trovava ad Atene, gli è nata una figlia, Diletta.

«Nella mia testa qualcosa è scattato con la nascita di Diletta. Io avevo sempre voluto la palla nei piedi per divertirmi, ma da un po’ di tempo ho imparato a sacrificarmi, ad aiutare i compagni. Mi dicono che faccio solo gol spettacolari, ma quel gusto per la cosa bella me la porto dentro da quando ero bambino: la giocata non la penso, la faccio. È il calcio della strada, quello più divertente. È istinto, passione».

E lui ha imparato a giocare per strada.

«A Napoli giocavo nei vicoli, nei cortili, dove capitava. Con una porta o due, con il campo dritto o storto. Dribblavamo le macchine, sfondavamo tutto. Però che bello. Quella era magia».

Verde è molto credente.

«Moltissimo. Mi affido a Gesù, ringrazio sempre per tutto quello che ho. La fede mi dà la forza di vivere con serenità ogni momento della vita».

Racconta di fare molti scherzi nello spogliatoio.

«Soprattutto faccio sparire vestiti e scarpe che non si possono vedere. Alcuni compagni hanno un gusto pessimo. Manaj veste malissimo, Agudelo mette scarpe indecenti. E allora intervengo io».

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