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Ibrahimovic: «Allegri doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid. Invece ha fatto la scelta comoda»

Al Corsera: «Quando sono arrivato al Milan, in allenamento non correva nessuno. Li ho affrontati a uno a uno. Tutti hanno capito tranne Leao»

Ibrahimovic: «Allegri doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid. Invece ha fatto la scelta comoda»
Mg Milano 12/09/2021 - campionato di calcio serie A / Milan-Lazio / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: esultanza gol Zlatan Ibrahimovic

Nella sua intervista al Corriere della Sera, ad Aldo Cazzullo, Ibrahimovic non parla solo del suo affare saltato col Napoli per il licenziamento di Ancelotti e perché Gattuso non lo riteneva idoneo al suo 4-3-3. L’intervista è molto ampia, ne riportiamo alcuni frammenti.

Parla della sua infanzia.

«Un bambino che ha sempre sofferto. Appena nato, l’infermiera mi ha fatto cadere da un metro d’altezza. Io ho sofferto per tutta la vita. A scuola ero diverso: gli altri erano biondi con gli occhi chiari e il naso sottile, io scuro, bruno, con il naso grande. Parlavo in modo diverso da loro, mi muovevo in modo diverso da loro. I genitori dei miei compagni fecero una petizione per cacciarmi dalla squadra. Sono sempre stato odiato. E all’inizio reagivo male. Con l’isolamento. Poi ho imparato a trasformare la sofferenza, e pure l’odio, in forza. Benzina. Se sono felice, gioco bene. Ma se sono arrabbiato, ferito, sofferente, gioco meglio. Da uno stadio che mi ama prendo energia. Ma da uno stadio che mi odia, ne prendo molta di più».

Lei in quale lingua pensa?

«Dipende. In campo, mai in svedese: è una lingua troppo gentile, e in campo serve cattiveria. Così penso in slavo. Qualche volta in inglese e in italiano. Però in famiglia facciamo cose svedesi».

Lo hanno chiamato zingaro, l’Italia è un Paese razzista?

«Il razzismo c’è dappertutto. Anche in Svezia».

La guerra, i primi furti, il rapporto con gli allenatori, come Capello («Capello mi ha insegnato a badare al gol. E mi ha massacrato, di continuo. Un uomo molto duro»). Racconta il rapporto con Moggi («Con me è stato il top»), rivendica i due scudetti vinti con la Juve tolti dalla giustizia sportiva («Quegli scudetti li abbiamo vinti, e nessuno ce li può togliere»).

Su Mihajlovic al quale in campo diede una testata:

«Sinisa mi aveva provocato per tutto il match, dicendomi cose orribili in slavo, anzi serbo-croato, e io ci ero cascato. Adesso mi chiama bato: figlio mio. Quando si ammalò, della stessa malattia di mio fratello Sapko, stavo quasi per andare al Bologna. Per lui. Mihajlovic in campo era cattivo, come lo era Ballack, un altro provocatore di professione; ma lo faceva per dare un vantaggio ai compagni non come Materazzi. Lui entrava da dietro per fare male, e noi calciatori capiamo subito quando uno entra per fare male o semplicemente entra duro, come Chiellini, come Stam, come Maldini».

Parla di Allegri.

Anche con Allegri vi siete scontrati, al Milan.

«Avevamo perso 3 a 0 con l’Arsenal, e lui era tutto contento. È vero che avevamo passato il turno, ma non c’era nulla da ridere, e gliel’ho fatto notare».

E Allegri cosa le ha risposto?

«Tu Ibra pensa a te, che hai fatto cagare. Gli ho ribattuto che aveva fatto cagare lui: per paura si era portato due portieri in panchina… Allegri è bravissimo a gestire lo spogliatoio, ma doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid, misurarsi con l’estero. Invece ha fatto la scelta comoda».

Racconta il suo arrivo al Milan:

«All’inizio in allenamento non correva nessuno. Li ho affrontati uno per uno e non in disparte, davanti agli altri: in allenamento bisogna ammazzarsi di lavoro. Se io corro, se io mi ammazzo, il mio compagno correrà, e si ammazzerà per me. L’hanno capito tutti, tranne uno. Leao all’inizio non mi dava retta. Ci è arrivato per conto suo. Infatti è molto migliorato».

Alle cene con i compagni, però, non partecipa.

«Li metterei in imbarazzo. Io sono un leader. Sarebbero a disagio. È un sacrificio che faccio per loro».

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