L’intervista al Corriere dello Sport. «Qualche tempo fa toccava ad Ancelotti, che adesso è primo in Spagna. Indimenticabile l’arringa di Mou a Kiev»
In una lunghissima intervista al Corriere dello Sport, l’ex dirigente Marco Branca si è soffermato su José Mourinho, che all’Inter – con Branca – ha vinto il triplete. Parole di stima, le sue.
Dal primo incontro, subito la percezione di un uomo stimolante, arguto, mai banale. Mourinho fa tutto in maniera scientifica. Niente di casuale. Non chiede la luna, pretende solo una cosa: chi gioca con lui deve alzare al massimo il suo rendimento, il suo lottare per la causa. Con José, esisti solo così. Devi fare l’impossibile per vincere.
Arguto, mai banale, stimolante. Quando serve, duro. Come fece a Kiev in una partita fondamentale del percorso Champions dei nerazzurri.
Quando va in trance agonistica non lo ferma nessuno. Vincemmo in inferiorità numerica con un gol di Sneijder a due minuti dalla fine. All’intervallo stavamo perdendo. Mou partì con toni pacati, alzandoli via via. C’era questo lettino di acciaio puro, una settantina di chili. Finita la sua arringa, José lo ribaltò, urlando cose irripetibili alla squadra. Funzionò.
L’esperienza alla Roma, per ora, è – naturalmente, peraltro – altalenante. I sussurri, come sempre, sono già cominciati. Ma Branca non ha dubbi: Mourinho non è affatto sul viale del tramonto.
Mourinho sul viale del tramonto? Cose che capitano agli allenatori molto vincenti. Tempo fa toccava a Carlo Ancelotti, che adesso è primo in Spagna. Maldicenze dettate dall’opportunismo e dall’invidia. Gli scivolano addosso.
Per me José è attualissimo. È un allenatore completo, certo con le sue corde, ma capace di adattarsi a qualunque contesto. Lo vedo alla Roma attuare schemi che da noi all’Inter non faceva quasi mai.