Tsitsipas: «Mi dicevano: ‘Sei greco? Allora sei buono a nulla’. Per questo ho iniziato a giocare a tennis»
A Specchio: «Erano gli anni della crisi. Ho vissuto il razzismo sulla mia pelle. La pausa in bagno che ha fatto infuriare Murray? Ci ho messo il tempo che mi serviva»

Parigi (Francia) 13/06/2021 - Roland Garros / foto Imago/Image Sport nella foto: Stefanos Tsitsipas
Su Specchio una lunga intervista a Stefanos Tsitsipas, 23 anni, in gara alle Nitto Atp Finals, numero 4 del mondo. Racconta i suoi inizi e le sue passioni, una su tutte la fotografia. Quando era ragazzo, la Grecia attraversò una durissima crisi economica.
«Quegli anni storti sono il motivo per cui ho iniziato a giocare a tennis. Sono stati la mia molla. Sono cresciuto in una situazione complicata dalla quale volevo scappare, volevo un futuro per me e per la mia famiglia, volevo prendere le distanze da certi giudizi crudeli che chiunque si permetteva di fare. Sei greco? E allora sei buona a nulla. Il tennis mi ha subito dato delle opportunità, mi ha permesso di mostrare un valore. Ora il mio Paese sta meglio, si è rimesso in piedi dopo una situazione disastrosa, non siamo ancora del tutto usciti dalle difficoltà, ma ci stiamo riprendendo. Io sono orgoglioso di essere greco e spero di dare un po’ di soddisfazione con i miei risultati».
Racconta di aver subito del razzismo perché greco.
«Ho vissuto molto male il periodo della crisi conclamata. Mi sentivo poco considerato: la Grecia era nel caos, quindi anche io finivo dentro il marasma. È così che funziona il razzismo e l’ho vissuto sulla mia pelle, l’ho patito. Mi ha dato anche la forza di allontanarmi da uno stereotipo però, quegli insulti gratuiti hanno innescato la voglia di dimostrare chi ero veramente e di che cosa sono capaci i greci».
Continua:
«Ci sono persone che ti identificano con i problemi del posto da cui vieni. E sono tante. La Grecia era un casino e dovevo per forza essere un casino anche io. E poi invece quelli che mi accusavano di fregarmene perché giocavo a tennis. È stata tosta e quella fase mi ha insegnato a non dare giudizi, a cercare di valutare chi ho di fronte per come si comporta davvero. Di solito, quando qualcosa va storto si incolpano le persone sbagliate, per le ragioni sbagliate. Si sposta l’attenzione dalla cause reali, magari ben più difficili da centrare. Qualunquismo, una pessima abitudine di cui dovremmo disfarci tutti».
Agli ultimi Us Open è stato criticato per una lunga pausa nel bagno: 7 minuti che hanno causato l’ira funesta di Murray.
«È stato quasi bello essere il cattivo. Di media, nel circuito, sono il ragazzo a posto che deve sempre rispondere a quell’ideale di persona e cambiare prospettiva per un po’ mi ha fatto sorridere. Non sono certo andato al bagno per dare fastidio a qualcuno o per provocare una reazione o per stressare il sistema o fare dispetti. Niente di tutto ciò. Mai mi sarei immaginato tanto rumore e tanta indignazione, sono andato in bagno come fa qualsiasi altro essere umano. Non capisco perché la gente l’abbia presa sul personale. Ancora proprio non trovo una buona ragione: mi hanno rivoltato contro una pausa perfettamente legittima. Ci ho messo il tempo che mi serviva, non ho usato quei minuti per fare qualcosa di sbagliato o per essere perfido. Quel che è successo dopo è insensato. Ora penso a tutto questo clamore per una stupidaggine come a uno di quei meme che girano ossessivi sui social, quando succede qualcosa di buffo e continua a circolare sempre la stessa immagine con gli abbinamenti più ridicoli. La pausa toilette non era affatto nata come una cosa buffa, è successo e me la tengo così. Del resto è proprio da me passare per il cattivo di turno per essere andato in bagno».