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L’incubo di Ronaldo: lui si sbatte, rovina club e squadre e Messi vince il Pallone d’oro per inerzia

Gli stanno intestando ogni colpa: dallo scatafascio Juve alla crisi United. Intanto Messi vince il Pallone d’Oro passando le giornate a fare il bucato

L’incubo di Ronaldo: lui si sbatte, rovina club e squadre e Messi vince il Pallone d’oro per inerzia
Monaco di Baviera (Germania) 19/06/2021 - Euro 2020 / Portogallo-Germania / foto Imago/Image Sport nella foto: Cristiano Ronaldo

Sesto. Uno si sbatte, e finisce sesto. Come se davvero fosse ipotizzabile l’esistenza di altri cinque esseri umani migliori di Ronaldo. Lui segna, e per ripicca lo inchiodano in panchina. Tiene il Manchester United incollato alla Champions e gli inglesi persino lo criticano, dicono che difende poco, manco fosse un qualunque Belotti. Scrivono, per paradosso, che Ronaldo risolve i problemi che crea, in una sorta di neutralità ecologica tra costi e benefici. E intanto il suo “altro”, quello con cui da anni si ingarella per dirsi migliore al mondo, accompagna i figli a scuola, fa il bucato, ammira il giardiniere che tira sui dei meravigliosi pomodori pachino in terrazza, a Parigi – “Sei un fuoriclasse François”, “merci monsieur Leò” – e gli assegnano il Pallone d’Oro. Quasi suo malgrado. A Ronaldo tocca star lì, con le telecamere che indugiano impicciose su ogni smorfietta sua e di Lewandowski, ad ascoltarne la composta ramanzina alla giuria che pure l’ha premiato: “Lo meritava Lewandowski, spero che France Football lo risarcisca”. E lui? A lui niente? Sesto? Davvero?!

Cristiano Ronaldo rosica. Sbuffa. Non se ne fa una ragione. Perché lui sì e io no? E nel frattempo l’opinione pubblica trasversale, internazionale, gli intesta le peggio cose: mangiallenatori, rovinafamiglie-Agnelli, egotico. Il suo nome rimbalza dalle carte delle Procure, zampilla. Gli editoriali del Telegraph, del Guardian, della BBC, s’impallano a rinfacciargli la sua stessa persistenza. C’è lui dietro i guai della Juventus, il suo ingaggio fuori scala, il papello segreto che non si trova. Ed è sempre lui, serial killer, a sconquassare gli equilibri dello United. Ronaldo qua, Ronaldo là. Sempre in prima pagina, che sia per tattica, gossip, o meriti sportivi poco importa. E Messi vince. Per prassi. Per inerzia.

Non che non si noti. Quelli che difendono il settimo Pallone d’Oro di Messi si contano sulle dita d’una mano. E sono praticamente tutti in Inghilterra, per giunta. Sul Guardian insistono, come a beffarsi di lui: sì è vero, ha vinto meno di altri, ha giocato meno di altri, ha segnato meno di altri, ha inciso meno di molti altri, però… lui è Messi, e quindi giusto così. Se un po’ abbiamo imparato a conoscere Ronaldo, in questi anni in cui aveva traslocato il suo Olimpo a Torino, starà grattando i marmi di casa con gli addominali.

I due sono sempre andati a braccetto, persino nella decadenza. Solo che Ronaldo s’è incaponito a lanciarsi in avventure che mantengono intatto il suo livello patologico di agonismo. La Juve, poi la Premier. Come a voler imporre il suo marchio, la sua impronta. Trasformare uno sport collettivo in un affare tutto suo, una cornice del suo protagonismo. Messi invece, per indole, s’è lasciato andare trascinato dal fiume degli eventi. Capitanando il Barcellona in dismissione prima di accasarsi in Qatar: il Psg, il contratto da testimonial, i prossimi Mondiali invernali. A galleggiare sulla stessa storia, sugli agi garantiti dal talento. Senza sforzi non richiesti. Tanto poi una giuria di “addetti ai lavori” si lascia affascinare dal mito, e sugella. Gli dicono che è lui il migliore al mondo, anche quando non lo è.

Ronaldo ha perso. Messi ha vinto. Se la percezione del mondo t’abbandona, non puoi farci niente. E’ finita la magia. Il calcio è bugia. Come si dice “stacce” in portoghese?

 

 

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