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Il Foglio elogia “il capitalismo dell’eccezionalità” del Napoli: merito della scaltrezza di Adl

Emerge in una città dove la modernizzazione economica ha sempre preso forma con accomodamenti propri e unici, senza discipline e razionalizzazioni nordiche

Il Foglio elogia “il capitalismo dell’eccezionalità” del Napoli: merito della scaltrezza di Adl
Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis

Il Foglio Sportivo dedica una pagina ai modelli capitalistici di gestione di Inter, Juventus, Milan, Napoli e Atalanta, modelli imprenditoriali completamente diversi tra loro.

A proposito del Napoli, il quotidiano scrive:

esprime un modello di capitalismo calcistico che si potrebbe definire un’eccezionalità, in parallelo con la diversità di una città in cui la modernizzazione economica ha sempre preso forma con accomodamenti propri e unici, senza discipline e razionalizzazioni nordiche”.

Il Napoli, continua, dal punto di vista calcistico, “non persegue nessuna delle strategie di creazione del valore raccomandate dai manuali e dai corsi di laurea dello sport-business internazionale”. Non ha uno stadio di proprietà e non intende costruirne uno, non ha di proprietà nemmeno un centro di allenamento, e non ha una media-house strutturata. Ha un organico molto limitato e prevalentemente concentrato nella parte sportiva,

La cartellonistica dello Stadio San Paolo se confrontata a quella delle grandi squadre di Premier League, sembra più materia da etnologi che da esperti di marketing sportivo. Eppure il Napoli è il club italiano che negli ultimi quindici anni ha creato più valore per il proprio azionista, non ha debiti, mantiene da più di un decennio una forte competitività sportiva, e il particolare legame tra calciatori e comunità partenopea (il caso di Dries Mertens è davvero degno di un corso di antropologia culturale, ma si potrebbe dire lo stesso di Koulibaly), è un carburante agonistico fondamentale, che attraverso i risultati sportivi produce anche effetti economici positivi”.

Il quotidiano elogia quello che definisce un aspetto spesso sottovalutato:

la scaltrezza di De Laurentiis, derivante dalla sua esperienza cinematografica e dalla ruvida dimestichezza nelle trattative con gli attori e loro agenti, nell’affrontare le tante complessità antropologiche di un settore come quello professionistico con dinamiche contrattuali particolari e molto simili”.

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