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I tifosi della Fiorentina insultano Vlahovic, gli tirano pure una mazza. E loro applaudono, quasi ringraziano

Il rapporto disfunzionale tra ultras e calcio spiegato in 60 secondi di video su Tik Tok. Un rito tragicomico che non passa mai di moda

I tifosi della Fiorentina insultano Vlahovic, gli tirano pure una mazza. E loro applaudono, quasi ringraziano
Firenze 03/10/2021 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Napoli / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Dusan Vlahovic

C’è quello che se la prende, che risponde, che sfida la folla. L’altro che applaude serafico, quasi sbadigliando. Lui, Vlahovic, assorbe gli insulti del caso. La solita grammatica dell’ultrà incazzato, fino alla declinazione più grave: “Sei un gobbo di merda”, col rafforzativo escrementale perché “gobbo” da solo non è bastevole a tradurre la delusione del tradimento anche solo ipotetico. C’è poi il compagno diplomatico, che spogliato della maglia offerta in sacrificio, cerca di ricondurre tutto a più miti finali: rientriamo dai, abbiamo perso, sono incazzati. Ringraziamo e andiamo. Applausi.

Nei 60 secondi del video di Tik Tok che testimonia l’aggressione (verbale) dei suoi stessi tifosi all’attaccante della Fiorentina reo confesso di non voler rinnovare un contratto – manco fosse un professionista – c’è un condensato d’opera buffa. C’è tutto: la rabbia, l’indignazione, lo stupore, la delusione, la catarsi. Un cortocircuito tragicomico. Che è a suo modo un rito tradizionale del pallone: dopo la sconfitta i giocatori hanno questo senso di colpa un po’ infantile per cui cercano redenzione andando a prendersi i cazziatoni che ben gli stanno. E’ il corrispettivo disfunzionale del bacio alla maglia dopo un gol. Ha poco significato nella relazione giocatore-tifoso, ma si fa, risponde ad una aspettativa sociale. Tocca andare sotto la curva, qualsiasi curva, a raccattare bottigliette, mazze, sputi, giudizi sommari sulle proprie madri. Magari c’è un’indennità apposita, per la sopportazione.

E’ uno psicodramma, razionalizzarlo troppo non rende: hanno perso una partita, anche male. Giù insulti. Ma non è nemmeno il caso, perché il destinatario della contestazione (conosciamo l’eccezione: le “sparute minoranze”, va bene) è un giocatore di 21 anni che ha di sé una certa considerazione: “Haaland è più veloce ma per il resto me la gioco”, dice per esempio. E d’altra parte se il mercato si gonfia fino a venderti – per ora solo virtualmente – all’Atletico, o in Premier, anche solo alla Juve – è poi comprensibile che davanti a questa manna di carriera il ragazzo abbia la sacrosanta ambizione di provarci. Ma no: per il tifoso una squadra è per sempre, come un diamante. E appena rinunci a sposare la loro stessa “fede” (la chiamano ancora così) a vita scadi come uno yogurt. Vai a male.

La Fiorentina poi veste i panni della mamma tradita da troppi anni: la Juve, da Baggio a Chiesa, ha una tradizione di ratti del campione. Il sospetto è un tic: ah te ne vai? Hai già firmato con la Juve eh? Gobbo!

Ma il punto non è Vlahovic, o questa visione preistorica dell’economia di mercato, emotiva e distorta. E’ la sottomissione ad una consuetudine ridicola. Ben resa dall’applauso di gruppo – quasi vicendevole – mentre tornano verso il campo. Dalla curva gli hanno lanciato una mazza, gli hanno rinfacciato le peggio cose, e quelli li applaudono. E’ tutto lì.

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