Gli altri discutono del terzino sinistro e del pappone, noi del calcio e i nostri figli

Tra Dazn, le opportunità per i ragazzi e le scuse a Mario Rui per aver scritto che prima o poi ci avrebbe fatto perdere una partita

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Uno dei motivi per cui amo il Napolista è che mi ricorda una rete neurale: infatti anche un articolo goliardico come quello su Mario Rui può attivare sinapsi situate all’interno di intelligenze altre da te, dando vita a una discussione che si sposta sul piano socio-culturale e ha l’effetto di offrire un interludio benefico fra annose questioni quali il terzino sinistro e il Pappone che lucra sui sogni dei tifosi. È questo che cerco in un giornale in rete, non quei noiosi elenchi di titoli acchiappaclic.

Se possibile però vorrei chiarire una cosa con Virgilio: non ho mai detto che i ragazzi di oggi non giocano più a pallone (anzi, ho scritto proprio l’opposto). Lo sport come attività ludica e momento di aggregazione è sempre stato e sempre sarà centrale nel percorso di crescita di donne e uomini. Virgilio, che è persona di cultura, ricorderà come perfino durante le guerre narrate da Omero, o dal suo omonimo mantovano, ogni tanto la tenzone si spostasse sulla competizione ginnica. Semplicemente, desideravo spostare la questione sul cosiddetto “calcio guardato”, evidenziando diversità che ho notato fra la mia generazione e quella dei nostri figli. Per dirne una, DAZN nel mio condominio si vede benissimo, ma ho scelto di non abbonarmi perché gli altri anni i miei pargoli non mi dicevano: «Papà, guardiamo la partita?» bensì: «Papà, ci guardiamo gli highlights?»

Io capisco il suo punto di vista perché come lui mi sento cosmopolita, avendo esperienza diretta della vita fuori dai confini nazionali. Tuttavia credo non si debba andare troppo lontano per trovare un ventaglio di possibilità come quelle da lui osservate in Germania. Io se mi affaccio dal terrazzo vedo la bellissima struttura dove il mio secondogenito è diventato una promessa del tennis, tanto che a breve mi toccherà portarlo al centro federale di Vicenza; poco più lontano c’è la piscina comunale dove il più piccolo ha imparato a nuotare meglio del papà, malgrado non sia nato in un posto di mare. E, naturalmente, il calcio: le eccellenze organizzate come i “veri” club esistono anche in Veneto, in Trentino, in Lombardia. Certo, sto entrando in un terreno minato perché sto per scrivere che non è così in altre regioni italiane… ma posso mai testimoniare il contrario di ciò che vedo? Pure da noi non mancano campi e campetti pubblici, tenuti benissimo e aperti a chiunque.

E poi le regole vengono fatte rispettare anche qui. Il mio primogenito gioca nella Sambonifacese e sogna di essere il nuovo Jorginho, ma oggi durante la prima di campionato dei “giovanissimi” darà il suo contributo dalla tribuna, perché il suo papà si è dimenticato di fargli fare la visita medico sportiva (si accettano suggerimenti su come recuperare il rapporto).

PS. ne approfitto per chiedere scusa a Mario Rui: avevo scritto che prima o poi ci avrebbe fatto perdere una partita, ma non immaginavo così presto. Chissà se anche il Maestro legge il Napolista…

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