De Zerbi: «Il calcio procura grandi vantaggi economici, ma il prezzo che si paga è elevatissimo»

Al CorSport: «Sono fuori di casa da quando avevo 15 anni. Ne porto i segni. Ho dato e continuo a dare tutto me stesso al calcio e mi sono perso il resto»

De Zerbi

Db Bologna 18/10/2020 - campionato di calcio serie A / Bologna-Sassuolo / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Roberto De Zerbi

Sul Corriere dello Sport una lunga intervista a Roberto De Zerbi, ex tecnico del Sassuolo, oggi alla guida dello Shakhtar.

«Sono fuori di casa da quando avevo quindici anni e a 42 non sono ancora rientrato. Ne porto i segni. Ho dato e continuo a dare tutto me stesso al calcio e mi sono perso il resto. Il calcio procura vantaggi economici che pochi altri lavori possono offrire, e gratificazioni, notorietà, opportunità. Tutto si paga, però, e il prezzo è elevatissimo. La famiglia ne risente, e trascuri gli amici, hai preso strade diverse, di costante assenza, sei uscito dalla tua comunità. L’ho accettato prima ancora di volerlo. Per passione, la passione è il motore. Per questo mi sta sui coglioni chi il pallone lo sfrutta».

Spiega a chi si riferisce.

«A quelli che lo vivono come un passatempo, un privilegio senza data di scadenza, un modo per campare bene, la macchina che produce soldi e garantisce visibilità. Non sopporto chi timbra il cartellino. Quando alleni, individui in un attimo chi è spinto dall’amore per il calcio e chi invece non ne ha, o non a sufficienza. Il successo inizia dalla passione per il proprio lavoro».

Racconta della sua scelta di partire per l’Ucraina, una scelta naturale per cogliere nuove sfide, dice, perché l’esperienza al Sassuolo si era naturalmente conclusa. Ma non una passeggiata.

«Le difficoltà le sto effettivamente incontrando, ci sono momenti in cui faccio fatica e mi domando chi cazzo me l’abbia fatto fare. Però, quando mi fermo a riflettere, concludo che era quello che cercavo».

De Zerbi si sofferma anche sui talenti del Sassuolo che ha visto crescere, alcuni dei quali oggi sono in Nazionale, come Locatelli, ad esempio.

«Locatelli ha una sensibilità non comune e una sana consapevolezza di sé. E sottolineo sana. Non si tratta di presunzione, possiede quel pizzico di narcisismo che serve, si sente il più forte di tutti e sa gestire bene questo aspetto. È di una maturità fuori dal comune. Il suo ingresso alla Juve è stato fin troppo naturale. Loca è malato di calcio, farlo star fuori il martedì alla ripresa degli allenamenti era impossibile. Voleva sempre lavorare. Quando dico che la differenza la fa la passione, lo porto a esempio. In Europa pochissimi giocano a un tocco come lui, prima di ricevere palla sa già dove e a chi indirizzarla. E poi in tre anni non gli ho mai visto perdere un contrasto».

Correlate