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Karembeu: «Il razzismo allo stadio va combattuto come si è fatto con gli hooligan, ci vuole il pugno duro»

A La Stampa: «Va cercato l’aiuto dei governi. Bisogna squalificare le persone, le squadre, togliere tanti punti. Ed educare le nuove generazioni. La conoscenza è libertà»

Karembeu: «Il razzismo allo stadio va combattuto come si è fatto con gli hooligan, ci vuole il pugno duro»

La Stampa intervista Christian Karembeu. Ha giocato in Ligue 1, serie A, Liga, Premier e in Grecia. E’ francese come il portiere del Milan, Maignan, del quale elogia il comportamento «impeccabile» nella reazione ai cori razzisti durante Juve-Milan e le dichiarazioni pubblicate su Instagram. Non si fa abbastanza per combattere il razzismo, ha detto il portiere rossonero.

«Giusto. Fanno campagne sul rispetto, ma dove sta? Fifa, Uefa, il sindacato Fifpro mettono a punto dei protocolli, qui però serve la repressione, il pugno duro. Il razzismo va aggredito come è stato fatto con l’hooliganismo. L’Inghilterra era felice di non giocare le Coppe negli Ottanta? No. Ha dovuto risolvere il problema? Sì. Va cercato l’aiuto dei governi».

Non basta interrompere le partite.

«Anche, ma non basta. Se poi si rigioca, si multa e stop. Mi spiace, bisogna squalificare. Squalificare le persone, le squadre, togliere punti, tanti. Non devono essere misure in atto per sempre, però servono a bloccare un comportamento. In contemporanea si educano le nuove generazioni. Raccontando il passato coloniale che quasi tutti gli Stati in Europa hanno e che è ancora un tabù, invece è un pezzo della storia. I club dovrebbero lavorare con le scuole, la conoscenza è libertà. Maignan si chiede come è possibile subire così nel XXI secolo. Per andare avanti va capito come siamo arrivati qui, le ragioni dei viaggi migratori».

Lo stadio può fare da ponte, dice.

«Non è un caso che i buu si sentano lì: lo sport è il più schietto e immediato campo di integrazione. Chi è contrario al mix si sfoga dove lo stare insieme è più ovvio, cerca di guastare».

 

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