Meneghin: «Perché serve il pass per assistere ad una partita e non per prendere la metro?»
L'ex cestista a La Verità: «Con i palazzetti vuoti andrà in crisi anche il minibasket. Il calcio è lo sport più popolare ma ci si scorda il valore sociale di basket, pallavolo e nuoto»

Su La Verità un’intervista all’ex cestista Dino Meneghin. Parla dell’Italbasket ai quarti di finale.
«Gli azzurri hanno dimostrato di essere un bel gruppo. Hanno forse pagato giovane età e poco tempo per allenarsi insieme, ma sono stati tutti responsabili, tutti portatori d’acqua. La vera scoperta è stato Simone Fontecchio, l’ho visto più pronto mentalmente, più tecnico e più deciso. Mi ha fatto impazzire anche Alessandro Paiola, perché sembra una pallina da flipper, ha una vitalità pazzesca. È cresciuto molto pure Stefano Tonut, non per niente il miglior giocatore dello scorso campionato » .
Oggi la pallacanestro vive un momento di crisi, a causa del Covid. I vertici definiscono assurda la capienza fissata dal governo per i palazzetti: 25%.
«È un altro mattone pesante sulle spalle delle società. Economicamente non so come molte riusciranno a resistere, viste le difficoltà che già stavano attraversando. Il guaio più grosso sa qual è? Che tutto si riflette sul settore giovanile. Non avere i tifosi sugli spalti complica la vita alle squadre, che vivono di quegli incassi. E di sponsor, naturalmente, che però sono sempre più restii a investire, vista l’incertezza. Si sta innescando un circolo vizioso negativo. Bisognerà pur rimettersi alle decisioni di virologi e scienziati, ma la mia grossa paura che è non si possa fare programmazione per il futuro: ingaggi e costruzione della squadra non sono cose che si fanno in qualche settimana. Rischia di andarci di mezzo persino il mini-basket».
Sono tante le squadre che rischiano il fallimento?
«Non conosco personalmente la situazione di tutte le società, ma se il presidente della Federazione italiana pallacanestro, Giovanni Petrucci, e quello della Lega Serie A, Umberto Gandini, lanciano allarmi così forti non lo fanno certo perché sono fuori di testa: hanno le cifre alla mano. Il momento è drammatico».
Eppure fa più notizia la crisi del calcio.
«Il calcio è lo sport più popolare, per carità, è giusto abbia vasta eco sui media. Poi c’è il ciclismo, poi le moto e le auto. E poi viene quel “tutto il resto” che fatica ad andare sui giornali, se non in momenti eclatanti. La Federazione ha 500.000 tesserati, e appassionati a milioni. Ci si scorda troppo spesso il grande valore sociale di basket, pallavolo, nuoto. Soprattutto, lo sport è una delle più grandi industrie italiane, movimenta miliardi di euro nell’indotto, con tutte le aziende che ci lavorano, dall’abbigliamento, all’alimentazione, alla medicina. Per non parlare del turismo».
Continua:
«Capisco il momento drammatico, ma sulle decisioni occorre essere finalmente coerenti. Mi serve il pass per vedere una partita, ma non per prendere pullman o metro, dove ci sono assembramenti pazzeschi e nessun controllo? So che è complicatissimo, per l’amor di Dio, ma va a finire che cala anche la fiducia in chi decide».