Tra cadute, anoressia, prestazioni tirate al massimo, e pressione psicologica, la Sueddeutsche approfondisce la deriva dello sport della fatica
Sono 36 anni che un francese non vince il Tour de France. Nel 2019, mancavano tre tappe, Thibaut Pinot c’era quasi. Pedalando colpì il manubrio con la coscia. Lesione muscolare. Addio al Tour. Non sarà mai più lo stesso. Troppa pressione, troppe cadute, troppi infortuni. L’emblema del ciclista esaurito. Che non è affatto un caso solitario, sta diventando la norma. Tra corpi distrutti e problemi mentali è diventato uno sport estremo.
Ne scrive la Sueddeutsche Zeitung in un lungo articolo pieno di casi esemplari. Che sommati descrivono un fenomeno palese, soprattutto nei giorni in cui infuriano le polemiche per i percorsi sempre più affollati e pericolosi.
In una notevole intervista a L’Equipe Pinot ha detto che non vuole più assumersi la responsabilità di una squadra: “Non li voglio più deludere”. La pressione sui ciclisti di punta è enorme. Da loro e dalle loro prestazioni dipende il sostentamento di molti dipendenti: dai compagni di squadra agli allenatori, dai fisioterapisti ai cuochi. Se il capitano della squadra si arrende o delude, diventa un problema per l’intera squadra e gli sponsor.
Il ciclismo è diventato lo sport delle malattie mentali, ben oltre il cliché del tennis. Peter Kennaugh, campione olimpico in pista e nobile spalla del quattro volte vincitore del Tour Chris Froome, si è fermato a 29 anni. Problemi mentali. Taylor Phinney, vincitore di tappa e detentore della maglia rosa al Giro, ha rischiato di perdere una gamba dopo una caduta. Invece di lottare per risalire in sella, s’è dato al pianoforte e alla pittura. Mark Cavendish, 157 vittorie in carriera, di cui 31 al Tour, ha reso pubblico che i medici gli hanno diagnosticato la depressione due anni fa. A inizio anno Tom Dumoulin, vincitore del Giro, medaglia d’oro olimpica e campione del mondo a cronometro, 30 anni, ha annunciato di aver bisogno di una pausa: “Ho perso me stesso e devo scoprire cosa voglio. Sia come persona che come atleta”, ha detto.
Kittel ha detto di aver visto di recente un documentario su Cristiano Ronaldo, su Netflix. Un calciatore rappresentato come “divino”, il quale può effettivamente affrontare la sua situazione solo attraverso il suo habitus molto speciale e “arrogante”, dice Kittel. Gli atleti devono funzionare come Ronaldo. Ma la maggior parte dei professionisti, anche nel ciclismo, non sono affatto così: “Molti sono forse più sensibili, e vulnerabili”, dice Kittel.
Il ciclismo è questione di stanchezza. La fatica è la base dello sport. Dopo 25, a volte anche 30 ore di allenamento a settimana, anche andare al supermercato è una sfida e se il corpo è stanco, lo è anche la testa, continua l’articolo della Sueddeutsche. Dall’inizio del 2010 e dall’emergente dominio del Team Sky, i fattori scientifici, in particolare il rapporto tra prestazioni e peso, hanno giocato un ruolo sempre più importante. Per avere successo, devi essere magro. “Lo pensava anche l’ex professionista francese Clément Chevrier. Una sera è stato invitato a casa del suo amico e compagno di squadra Romain Bardet e ha iniziato a discutere con sua moglie. Aveva osato aggiungere non solo uno, ma ben due cucchiaini di olio d’oliva all’insalata. Chevrier era anoressico, non raro per i ciclisti da corsa. Anche durante la pausa invernale mangiava solo insalate e frutta. Era la sua “mangiatoia dell’aria”. Pesava solo 49 kg ed era alto 1,77 metri. Oggi Chevrier ha 29 anni e si è lasciato alle spalle la carriera. Ora fa il sommelier”.
Un altro esempio estremo è lo sloveno Janez Brajkovic. Brajkovic è risultato positivo alla metilesanammina, una sostanza illegale che viene aggiunta ad alcuni integratori alimentari per migliorare le prestazioni atletiche, nel 2019. Brajkovic afferma, tuttavia, di non aver assunto il farmaco per motivi di prestazione, ma a causa della sua bulimia. Brajkovic ha consumato 20.000 calorie in un giorno e le ha vomitate. Ancora e ancora e ancora.
“Forse nessun altro sport è presuntuoso come il ciclismo – scrive il giornale tedesco – Ogni giorno di allenamento è cronometrato quasi al minuto. Resistenza di base il lunedì, intervalli il martedì, soglia aerobica il mercoledì… Ci sono unità di allenamento per le prove in montagna e a cronometro e persino per migliorare la tecnica in curva in discesa. La psiche, però, è ancora un argomento tabù nel ciclismo”.