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Stiamo ancora alla Nazionale che si interroga se inginocchiarsi o meno, che desolazione

POSTA NAPOLISTA – Concordo che servono i fatti ma se un gesto compiuto su un campo di calcio può servire ad iniziare una discussione, quel gesto va fatto

Stiamo ancora alla Nazionale che si interroga se inginocchiarsi o meno, che desolazione

Caro Napolista, avevo deciso di non scrivere niente sul tema “inginocchiarsi sì o no”, per quelle stesse ragioni che adesso mi spingono a farlo: sposato con un’americana, figlio io stesso di una famiglia napoletana con ramificazioni oltreoceano, ho parenti di tutte le etnie e colori, dagli afroamericani agli asiatici ai nativi americani (i famosi “Indiani d’America”); insomma, non sono obiettivo sul tema.

E però, che la Nazionale italiana di calcio si interroghi sull’inginocchiarsi o meno contro il razzismo, mi fa ribollire il sangue, mi indigna come non succedeva da tempo: non solo perché ogni gesto contro il razzismo è un gesto valido che va fatto, ma perché dubitarne significa non capire proprio niente delle motivazioni che ci sono dietro.

L’America, come Trump ci ha dimostrato, è un Paese che ha ancora forti cariche di razzismo latente, eppure il gesto dell’inginocchiarsi, così come il movimento cui lo si collega (“Black Lives Matter”) non nascono da una qualunque delle mille etnie americane (tutte esposte a discriminazione), ma dalla comunità afroamericana: inginocchiarsi all’inno è metafora di sottomissione, quella stessa sottomissione cui gli schiavi africani in America sono stati soggetti fino a tempi molto recenti (i bisnonni di alcuni miei amici afroamericani sono nati, a fine ‘800, ancora in stato di “dipendenza”, tanto per far capire il concetto).

Che un Paese come l’Italia, dove il caporalato (forma di schiavitù moderna) è una realtà molto presente al giorno d’oggi, dibatta ancora sull’opportunità di certi gesti, mi fa semplicemente cadere le braccia; è desolante, significa non capire proprio nulla del mondo che ci circonda.

Mentre concordo sull’idea che l’antirazzismo si fa coi fatti e non coi gesti, bisogna pur cominciare da qualche parte: e se un gesto compiuto su un campo di calcio può servire ad iniziare una discussione, quel gesto va semplicemente fatto, senza se e senza ma.

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