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Il prezzo della mediocrità è l’irrilevanza, il Napoli è quinto per scelta

È quinto per decisione lucida della società, per intenzione di un gruppo di giovani giocatori di preferire la quiete. Un eventuale nuovo corso del Napoli andrà testato alle prime difficoltà

Il prezzo della mediocrità è l’irrilevanza, il Napoli è quinto per scelta

Non facciamo drammi. Il prezzo della mediocrità è l’irrilevanza, ma è un errore storico ritenerla un fastidio. Tanti nel mondo vivono della gioia delle piccole cose e hanno affinato, nei secoli, l’arte di gestire e convivere con la medietà rendendola di volta in volta dolce, ingiusta ma passabile, solo a tratti apparentemente dolorosa. Il Napoli è finito quinto al termine di una delle peggiori stagioni dell’ultimo decennio eppure non fa drammi. Anzi, è un quinto posto familiare, non privo di un certo educato sollievo. Il Napoli è quinto per decisione lucida della società, per intenzione di un gruppo di giovani giocatori di preferire la quiete, per evidente conforto della stampa, per la nota retorica del tifo. Per tutto questo, ma non per caso. Il Napoli è quinto per scelta.

Questo giornale spesso si è interrogato sul motivo del vento in poppa fornito all’allenatore dalle istituzioni circostanti, ma è stato un domandarsi per così dire retorico. Siamo sottoposti alla inerzia violenta di un piano inclinato che non lascia scampo e chi non vede il declino rapido di questa squadra (ben incastonato nel declino ancor più rapido del calcio italiano) ha deciso semplicemente di ignorarlo. Nessuno sceglie di fermarsi a Frattamaggiore per un breve tratto di viaggio. La sosta è sempre lunga.

Ora il nome di qualche nuovo grande allenatore si affaccia all’orizzonte. Ne abbiamo visti altri nel passato, persino più grandi, e con essi il tempestivo dietrofront societario. La ritirata al primo odore della paura. Il rompete le righe dinanzi alle corazzatucole giornalistiche locali e nazionali. Dunque non ci si illuda: finora è tutto déjà vu. Ove mai esistesse un corso nuovo della società lo si capirà non prima di marzo del 2022, quando i dispacci locali inizieranno a raccontare dei pensionati sulle nostre panchine e degli allenamenti blandi e vireremo tutti verso il genio italico del duro lavoro in nome dell’emergenza che unisce.

Nel frattempo a tutti conviene che monti l’illusione. Ricorda quello stato narcolettico in cui ci si riduce in città a forza di ripetersi a vicenda scenari irreali – come quando ci si ostina a parlare del famigerato boom turistico della capitale della cultura. Che mai fu.

Quello del quinto posto è stato il miglior anno del nostro capitano, a detta di molti. C’è un’altra capitale da inventare. Sotto col lavorìo.

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