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Junior Messias è il calcio di una volta: vendeva lavatrici e giocava il campionato amatoriale

Dal Brasile venne in Italia per sfamare la famiglia. Di giorno, lavorava; la sera, giocava. Accettò un contratto quando gli pareggiarono lo stipendio

Junior Messias è il calcio di una volta: vendeva lavatrici e giocava il campionato amatoriale

Mi chiamo Junior Messias e sono il calcio di una volta, quello che puzza di polvere e canfora. Sono un ciclista che ha percorso chilometri e chilometri solo in salita. Da Belo Horizonte, città che diede i natali a Luis Vinicio, ‘O lione e a Toninho Cerezo. Quella in cui si scambiano colpi e grazia, a turno, l’Atletico Minero e il Cruzeiro ed è proprio quest’ultima la società che lo vede crescere e poi perdersi.

A vent’anni se non hai ancora la fila di agenti o squadre e osservatori appiccicati addosso, probabilmente devi fare altri ragionamenti. E così un invito forse nemmeno troppo convinto dall’altro capo del mondo, pose fine al dubbio. Smetto di giocare, a Torino da mio fratello farò crescere la mia famiglia. Ho bisogno. Il pallone è il pallone, ma latte e futuro sono un’altra cosa.

L’Italia non lo conosce né lui fa molto per farsi apprezzare dalla parte verde dello stivale, quella ordinata e rigata. Però oh, questo a pallone sa giocare davvero, se ne accorge un gruppo di peruviani. Loro sono magnifici organizzatori di partite e gite domenicali. Che siano calcio o pallavolo te li ritrovi in qualsiasi parco di Italia a riunirsi e a giocare e qualcuno si iscrive anche ai campionati Uisp quelli amatoriali. Junior li vede, scambia due tocchi con loro e se innamorano. “Vieni da noi, gioca con noi”. Per un lavoro accetta. Porta elettrodomestici in giro per la città. Gioca per i peruviani, gente solida e razionale. Lui brasiliano. Una combo sudamericana atipica e geniale. Lavatrici e frigo la mattina, pallone e campionato amatoriale. Così la famiglia e serena ed i suoi piedi si rilassano. I peruviani sono al settimo cielo.

Capita, perché se il talento ti viene dato e non emerge prima o poi chi te lo ha donato farà in modo che la sua strada e quella dell’occasione si incrocino. Viene notato, lo vuole il Fossano ma lui ha un’idea ben precisa: “Ho smesso seriamente, devo pensare alla famiglia”. Ci riprovano e ci riprovano finché non gli pareggiano lo stipendio da fattorino. Va al Casale, con un sottofondo di bossanova autentica, comincia a segnare e ad accendere i dubbi sulla veridicità del merito nello sport. Goal su goal, al Gozzano e sempre più su fino al Crotone. In Serie B a ventotto anni, in Serie A fino agli otto goal. Mantiene la famiglia, mantiene gli occhi sul romanticismo del calcio, ha visto le salite ripiegarsi e diventare piane, mai discese, perché chi bada al sodo e ha il coraggio di parcheggiare i sogni, sa che che possono trasformarsi in tornanti e poi di nuovo in salita. Junior Messias è il calcio di una volta e ha segnato al Maradona il suo ottavo goal nella massima serie e non l’ha chiesto, semplicemente è la giustizia che si compie, quella del talento e del merito.

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