Tortu a Repubblica: “Ho avuto il Covid, mi faranno il vaccino ad aprile”. Molti atleti italiani saranno vaccinati con priorità perché “militari”. Una cosa che esiste quasi solo in Italia
C’è un passaggio dell’intervista di Emanuela Audisio su Repubblica a Filippo Tortu – il giovane velocista italiano considerato un po’ l’erede di Mennea – che merita una riflessione. Anzi due. Tortu racconta di aver avuto il Covid, e di come il virus gli abbia letteralmente “tolto il fiato” (“quando ho rimesso la testa fuori, mi è piombata addosso una stanchezza inaudita, non ne risento nei lavori di forza, ma sulla resistenza sì, sono a corto di fiato”). E poi dice una cosa, a precisa domanda dell’intervistatrice: “lei come militare sarà vaccinato presto. La fascia d’età non conta”.
«Ho avuto il Covid. Devono passare tre mesi, così mi hanno detto le Fiamme Gialle che ringrazio per il loro sostegno. Quindi lo farò ad aprile».
Gli atleti italiani potrebbero rappresentare un caso, in Europa. I primi e unici – per ora – che saranno vaccinati con priorità, saltando la fila della logica (età, fragilità), sfruttando il fatto di essere appartenenti ai gruppi sportivi delle forze armate. Che sono, appunto, un unicum in Europa.
A parte i professionisti degli sport più diffusi – tennis, calcio, basket, pallavolo – gli atleti italiani che possono dedicarsi allo sport solo grazie allo stipendio dell’Esercito, della Polizia, della Guardia di Finanza eccetera, sono tantissimi (alle Olimpiadi di Londra del 2012 erano quasi 300, ma dovrebbero essere nel complesso più del doppio). In Italia il sostegno diretto dello Stato alle attività sportive ha una storia molto lunga. E, polemiche a parte, sono di fatto atleti cui viene garantita la possibilità di allenarsi e gareggiare senza svolgere altri compiti da militari.
Esistono “gruppi sportivi militari” dell’Esercito, della Marina, dell”Aeronautica, dei Carabinieri, ma anche Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato e Vigili del Fuoco.
In Europa, in Germania per esempio, il dibattito sull’opportunità o meno di vaccinare gli atleti prima di altre categorie, come esempio o semplicemente per convenienza – in estate ci sono le Olimpiadi… – è abbastanza aspro. E per ora il pensiero comune è che gli sportivi, in quanto giovani e in salute, e non svolgendo funzioni fondamentali per il funzionamento dello Stato, non debbano passare avanti. Soprattutto in un momento in cui le scorte vaccinali non sono sufficienti a soddisfare la richiesta di categorie a rischio, come gli over 70.
Gli atleti italiani rappresentano un “caso”. E lo stesso Tortu, suo malgrado, è un esempio di come la categorizzazione per professioni possa produrre delle distorsioni: ventenne, già guarito dal Covid, atleta, che avrà il vaccino ad aprile. Per priorità.