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Quando basta fare il proprio dovere per essere sereni, vuol dire che la competenza non conta

È falso che fare del proprio meglio sia sufficiente, persino eticamente bastevole. Davvero Adl sposa la cultura del “facciamo del nostro meglio”?

Quando basta fare il proprio dovere per essere sereni, vuol dire che la competenza non conta

«Quando uno fa il suo lavoro è sempre sereno».

Ebbene, no. Non funziona così, anche se pare che una buona fetta della nazione tenda a condividere.

Il virgolettato, attribuito al Presidente del Consiglio italiano uscente, è solo l’ultima incarnazione del motto nazionale da ripiegamento – la penultima è di Gennaro Gattuso: “Sono sereno. Io e il mio staff lavoriamo diciotto ore al giorno”.

Ripetiamo, no. Non funziona così.

La serenità inizia pericolosamente a derivare dalle ore lavorate solo quando la competenza non ha più nessun valore. E noi, nel Napoli, siamo arrivati mestamente a questo punto, accompagnati da una città intera che ha lottato contro i curricula, contro i blasoni, contro le Champions League in bacheca. Contro la competenza. Con centinaia di capolavori canori tra cui scegliere, Napoli ha deciso di rimanere in una canzone di Federico Salvatore: tutte le categorie esistenziali sono collassate sulle uniche due che la città comprenda, l’altolocato di Via Luca Giordano (una cosa che persino Luca Giordano stesso stenterebbe a credere) ed il popolano della Sanità. Nel mezzo di questo processo binario non c’è niente: o appartieni al popolo o hai la station wagon di papà.

Ma, per tornare al principio: no, è completamente falso che fare del proprio meglio sia sufficiente, persino che sia eticamente bastevole. Si può lavorare senza interruzione ed ottenere risultati scadenti e se nel nostro sacrificio professionale non contempliamo una autovalutazione del proprio operato allora c’è un problema di principio assai serio nel nostro rapportarci con il mondo esterno.

Se il presidente del Napoli sta considerando l’idea di abbracciare la cultura del “facciamo del nostro meglio”, pensando di inaugurare così la sua nuova fase di investimenti, ha ogni diritto di farlo. Ciascuno poi ha il diritto di scegliere se seguire o no questa china nazionalpopolare.

Io non ho intenzione di appoggiare alcuna realtà in cui le persone si sentano serene semplicemente facendo il loro lavoro o rimanendo impegnati per un numero minimo di ore che possa sollevare loro da qualunque dubbio di coscienza. Io voglio appoggiare chi, in qualunque realtà, lotta per lasciare un segno, per fare una differenza essendo disposto a capire quando e se può farla, con criteri oggettivi e intellettualmente onesti. Qualcuno che si chieda il senso di ciò che fa. E che, se non lascia l’incombenza ad altri quando capisce che quella competenza non ce l’ha, almeno eviti di vivere proprio sereno.

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