Italiano: «Il mio futuro? Non sono ancora stato contattato da nessuno»
A Tuttosport: «Ogni elemento della società sa che dal proprio lavoro dipende un pezzo del successo. Ai ragazzi spiego che non devono mai adagiarsi o pensare che il loro tempo sia infinito»

Su Tuttosport una lunga intervista al tecnico dello Spezia, Vincenzo Italiano. Gli chiedono e ha un procuratore, o se almeno è intenzionato a cercarlo, visto che ci sono tanti club di prima fascia interessati a lui. Ricordiamo che spesso, nelle scorse settimane, Italiano è stato indicato come uno dei possibili nomi per il post-Gattuso. Risponde:
«Mah, proprio un procuratore no. Ma è logico che quando si stilano i contratti sia necessaria la competenza di qualcuno esperto, di un avvocatori fiducia. Quanto al mio futuro professionale, sinceramente non sono ancora stato contattato da nessuno. Ma non nego che gli attestati di stima siano piacevoli e neppure nascondo che questo mestiere lo si fa anche per ambizione. Ma ora io ho in testa solo la salvezza dello Spezia».
Il segreto della squadra, dice, è la compattezza.
«Ogni elemento della società sa che dal proprio lavoro dipende un pezzo del successo. Anche il magazziniere, per esempio, sa che non può sbagliare la scelta dei tacchetti perché magari un difensore scivola e prendi gol. Con il ds Mauro Meluso, poi, si è instaurata un’intesa umana forte e sincera. Coinvolgiamo tutti nel lavoro. Ha presente il discorso che fece Guardiola ai dipendenti dopo aver vinto la Premier con il City? Ecco: la filosofia di condivisione è quella».
L’allenatore, spiega, deve usare un giusto mix di comportamenti.
«Bisogna capire quando è il momento di coinvolgere il gruppo e quando invece è necessario ‘gestire il singolo’. Di sicuro, quel che mi preme è far capire ai miei ragazzi che non devono mai commettere l’errore di adagiarsi o di pensare che il loro tempo sia infinito. Quando hai 20 anni ti puoi illudere che sia così, invece la bandiera a scacchi del traguardo arriva prima che tu te ne renda conto e guai se ti porti dietro i rimpianti. Ogni allenamento, ogni istante devono essere sfruttati per migliorarsi e loro temono perfino che gli parli di calcio se li incontro a cena. La verità è che facciamo il mestiere che sognavamo da bambini: è un delitto non sfruttare al massimo il tempo che abbiamo a disposizione. Questo, davvero, voglio inculcare ai miei giocatori: il resto arriva di conseguenza, glielo assicuro».











